Il pavimento della Chiesa dei Gesuiti
Solo qualche decina di anni fa il pavimento della navata era disastrato, completamente dissestato, le lastre erano rotte ed i turisti si portavano via dei pezzetti di pavimento come ricordo.
Fortunatamente un lungo e delicato restauro ha riportato questo meraviglioso pavimento all'antico splendore.
Sono entrato per la prima volta in questa chiesa una quindicina di anni fa e ricordo bene la sensazione di stupore, di incredulità di fronte alla meraviglia del pavimento dell'altare.
Ma facciamo un passo indietro...
Venezia, i Gesuiti e l'esilio
Nell'agosto del 1605 vengono arrestati un abate ed un canonico per aver commesso stupri, omicidi e reati comuni. Queste due canaglie, però, chiesero ed ottennero la protezione del papa che ne chiedeva l'immediata consegna al foro ecclesiastico romano.
L'ambasciatore veneziano Agostino Nani rispondeva "picche" al papa spiegando che:
"i Veneziani, nati in libertà, non erano tenuti a rendere conto delle operazioni loro se non al Signor Iddio, unico superiore al doge nelle cose temporali."
Insomma: i reati commessi nella Repubblica verranno giudicati dalla Repubblica: non si accettano interferenze da parte del papa o della Chiesa Romana.
Nasce un conflitto diplomatico che si svolge a colpi di provocazioni fino all'ultimatum del 17 aprile 1606: se entro 24 giorni non vengono consegnati i due prigionieri sarà scomunicato tutto il territorio della Serenissima.
Il Doge ed i suoi consulenti, primo fra tutti Fra Paolo Sarti, rifiutano il ricatto ed, anzi, lo dichiarano nullo e privo di valore perché contrario alle Sacre Scritture. Con una dichiarazione pubblica asseriscono:
La vostra scomunica non la stimiamo per nulla, come cosa senza valore.
La scomunica viene ufficializzata. Teoricamente sono vietate tutte le celebrazioni: battesimi, funerali, matrimoni... Ma le autorità Veneziane impongono che tutto si svolga regolarmente e senza interruzioni.
I Gesuiti non se la sentono di disobbedire al papa e vengono espulsi dalla Repubblica: è necessario proteggerli con una scorta armata dall'ostilità del popolo.
Vengono "salutati" con il grido: andé in malora!
Il 26 Febbraio del 1612 il Senato emette un Decreto che prevede la pena capitale per chi farà educare i figli dai Gesuiti.
Circa 10 anni dopo il termine delle ostilità con Roma, nel 1621 il Senato respinge a pieni voti la proposta di riammettere i Gesuiti a Venezia.
Il ritorno dei Gesuiti a Venezia
Nel 1650 Venezia è stremata da una guerra infinita contro i Turchi per difendere Candia (Creta) e concorda con Papa Alessandro IV - in cambio della cessione di beni di alcuni ordini religiosi - la riammissione dei Gesuiti.
È un boccone amaro e dopo un acceso dibattito la Compagnia di Gesù viene riammessa. La Repubblica è costretta a fare di necessità virtù.
Nel 1657, il 28 Febbraio, i Gesuiti vengono ufficialmente riammessi a Venezia e nello stesso anno acquistano per 50.000 ducati d'oro una vecchia chiesa dei Crociferi che diventerà la sede dell'ordine.
La chiesa, però, non era certo sufficiente per coniugare le valenze politiche e religiose e le ambizioni che il severo ordine intendeva portare avanti e così, alcuni decenni dopo, nel 1714 la Chiesa venne abbattuta per essere ricostruita più ampia e in forme moderne.
La costruzione della Chiesa e del pavimento
La Chiesa che vediamo oggi è stata costruita, nello stile barocco, tra il 1714 ed il 1729, dopo la demolizione della preesistente chiesa dei Crociferi che fin dal 12mo secolo occupava, con l'attiguo convento, questa zona che affaccia sulla laguna nord.
Artefice della costruzione fu la famiglia Manin, la famiglia dell'ultimo Doge di Venezia, che finanziò anche il Duomo di Udine. I Manin si avvalsero della squadra formata da Fra' Giuseppe Pozzo, un carmelitano scalzo a cui si deve il disegno dell'altare maggiore; da Luis Dorigny a cui si devono le decorazioni pittoriche e dall'architetto Domenico Rossi che ha gestito e coordinato le maestranze.
Leggi anche: L'architettura barocca Veneziana
Questo "team" creerà uno dei più eclatanti esempi di architettura barocca Veneziana, creando uno spazio teatrale con degli intarsi di marmo bianco e verde che rivestono le pareti ma anche, in forma di drappo, il pulpito e, meravigliosamente, i gradini dell'altare.