Le origini del Palazzo
È uno dei più importanti esempi di residenze private in stile gotico veneziano, seppure in più momenti ristrutturato. Le radici della storia del palazzo sembrano avere origine dalla famiglia Marcello che possedeva una grande dimora sul Canal Grande.
Nel corso dei secoli, all'interno del grande Palazzo, convissero altre due famiglie nobili: ai Marcello si affiancarono, infatti, i Gussoni e poi i Cavalli, una famiglia veronese iscritta all'albo doro dei nobili veneziani, che divennero proprietari del piano nobile.
Il Palazzo dopo la caduta della Repubblica
Questo Palazzo, appartenuto alla famiglia Cavalli, dopo la caduta della Repubblica divenne di proprietà dell'arciduca Federico d'Austria che era destinato a diventare ammiraglio della "Imperiale e Regia Veneta Marina".
Ma una malattia contratta durante una campagna in oriente ne aveva causato la prematura scomparsa, nel 1847, a 27 anni. L'arciduca diede avvio ad un articolato progetto di ammodernamento, quale l'introduzione in ogni stanza di una stufa in maiolica e dell'illuminazione a gas. Ma non visse abbastanza da vedere i lavori realizzati.
Palazzo Cavalli e la famiglia reale francese
Palazzo Cavalli passò di proprietà e venne acquistato da un altro nobile, il conte Enrico Borbone Artois. Unico erede vivente della casa dei Borbone e pretendente al trono di Re Sole in Francia (a Parigi regnava Luigi Filippo d'orleans, re scelto dalla finanza e dall'industria). Dotato di un ottima cultura, intelligente, sfogava nell'amore per il cibo l'amarezza del dover vivere in esilio dall'amata Francia.
E' stato Enrico a volere il giardino e ad incaricare l'architetto Giovanni Battista Meduna di rendere uniformi i corpi di fabbrica ristrutturandoli e tagliando il portego per ricavare una sala in più.
Nel palazzo veneziano la vita di questo pretendente al trono e della sua "corte" procede piuttosto noiosa e velata di tristezza. Anche durante la rivoluzione del 1848, in cui Venezia si ribellò alla dominazione austriaca e per un anno e 5 mesi fu la "Repubblica di San Marco", il principe e la sua famiglia ricevettero dal governatore Daniele Manin, rassicurazioni che non avrebbero avuto nulla da temere. Erano amati dai veneziani.
La moglie che Enrico sposò era una delle figlie del duca di Modena. In realtà Enrico era innamorato della sorella Maria Beatrice che lo rifiutò. Lui allora sposò la sorella, Maria Teresa, che non riuscì a dargli figli. La casata pertanto era destinata a terminare con Enrico. Maria Teresa viveva la propria sterilità con un tale senso di colpa da augurarsi di morire quanto prima perché Enrico possa trovarsi una seconda moglie feconda.
"La creatura più infelice del mondo" visse qui
Nel palazzo, assieme alla famiglia di Enrico, viveva anche un'altra Maria Teresa, anche se tutti la chiamavano con il terzo nome, Carlotta. Maria Teresa Carlotta di Borbone, se possibile, era ancora più infelice della moglie sterile di Enrico.
Si trattava dell'unica superstite della famiglia di Luigi XVI e di Maria Antonietta. Aveva visto morire sul patibolo suo padre, poi la mamma, la zia ed il fratellino ed era rimasta sola al mondo. Queste vicende ed i tre anni di prigionia ne segnarono per sempre il carattere.
"Maria Teresa è la creatura più infelice del mondo" incise qualcuno sulla modanatura di una finestra, scoperta durante un restauro. Era lei che aveva presieduto all'educazione di Enrico con un affetto vigile, ma soffocante. Passava la vita in casa, a ricamare e a mangiare (il pittore ha generosamente attenuato l'obesità).
Arriva a Palazzo Franchetti un altro pretendente al trono
Nel 1866 Enrico e Maria Teresa si trasferiranno nel castello di Frohsdorf ed alla morte della moglie il Palazzo passerà ad un altro nobile, l'infante Don Carlos, duca di madrid e pretendente al trono di Spagna.
Don Carlos era il fratello di Ferdinando VII, re di Spagna, che, in età avanzata ebbe una figlia, Isabella. A contrario di quanto previsto dalla legge salica, Ferdinando proclama erede al trono la figlia anziché il fratello. Scoppia una guerra civile che finisce con l'esilio di Don Carlos, che si fa chiamare Re Carlo VII, il quale approda a Venezia a casa della zia, Maria Teresa, vedova di "Re" Enrico. Maria teresa nomina legittimo erede Don Carlos. Il figlio di Carlos, Jaime, per pagare i debiti di una vita dissoluta venderà tutti i suoi beni, compreso il palazzo.
Il barone Franchetti
Il 9 febbraio 1878 il barone Raimondo Franchetti, fratello di Giorgio (Giorgio dedicò la vita a restaurare Ca' d'Oro) compera per 200.000 lire italiane l'intero edificio.
Palazzo Cavalli prende il nome di Cavalli-Franchetti e rimane della famiglia fino al 1922 quando la vedova del Barone, Sarah Luisa de Rothschild lo cede all'Istituto Federale di Credito per il risorgimento delle Venezie.
Del Barone Raimondo Franchetti sappiamo che condusse una vita pazzesca. Fu una specie di Indiana Jones della sua epoca: le sue avventure vanno dall'esplorazione delle montagne rocciose degli Stati Uniti, a quelle delle foreste in Indocina ed in Malaysia, anche se fu l'Africa il suo vero amore.
Risalì il Nilo fino ad esplorare zone sconosciute ed intraprese rischiosissime spedizioni nel deserto. Infine morì in un incidente aereo, probabilmente un attentato britannico, a nord del Cairo.
La ristrutturazione di Palazzo Cavallo Franchetti
Il barone Franchetti incaricò l'architetto Camillo Boito di ristrutturare il Palazzo.
Questi operò un restauro pesante secondo lo stile gotico veneziano, ad esempio fece smontare e ricomporre correttamente la facciata con evidenti richiami a quella di Palazzo Ducale, togliendo una superfettazione non coerente con lo stile.
Culmine e capolavoro dell'architetto fu l'edificazione dello scalone di accesso ai piani nobili, realizzato tra il 1881 ed il 1884. Lo scalone mescola elementi medioevali a marmi pregiati e festose decorazioni.
Istituto di Scienze, Lettere ed arti
Dal 1999 l'edificio è la sede dell'Istituto di Scienze, Lettere ed Arti ed ospita, periodicamente, manifestazioni culturali.
Se ti capita di riuscire ad entrare nel Palazzo, magari per visitare qualche esposizione, non devi assolutamente perderti la biblioteca al secondo piano: una meraviglia!