Storia della Chiesa dei Gesuiti
Fondazione del Convento dei Crociferi
Sulla stessa insula dove era sorto il complesso di Santa Caterina, si insediò fin dalla metà del XII secolo un secondo convento retto dall'ordine dei Crociferi. È necessario tener presente che ancora nel Cinquecento l'insula aveva una profondità corrispondente circa alla metà di quella attuale e che il suo lato minore, sul quale si erano insediati i Crociferi, prospettava direttamente sulla laguna, mancando l'opposta riva formatasi più tardi. Il monastero venne quindi eretto in questa zona solitaria di Venezia e presto andò configurandosi in un vasto complesso di edifici che occuparono l'intera profondità dell'insula lungo una fascia che andava dal rio di Santa Caterina alla laguna.
Ricostruzione e Ampliamento
Nel 1214 un incendio aveva danneggiato e in parte distrutto le prime fabbriche che resistevano dalla fondazione. Fu a seguito di questo episodio che si iniziò la ricostruzione degli edifici e l'ampliamento dei servizi collegati all'attività dei religiosi. All'estremità nord sorse la chiesa, indi le case e i locali di vita comunitaria intorno ad un vasto chiostro, l'albergo e un ospedale per pellegrini e malati.
Descrizione della Chiesa Antica
La chiesa appare dalle antiche immagini molto ampia, ad una sola grande navata con facciata a capanna prospettante la zona estrema del campo; sul retro il corpo absidale del coro giungeva fino al bordo lagunare cinto da mura e adibito ad orto. Il campanile era di stile romanico. Sul fianco destro della chiesa poggiavano i corpi di fabbrica del monastero disposti intorno al chiostro, sottolineato dal de' Barbari con chiara evidenza. Le fronti interne erano costituite da un portico continuo e dal sovrastante loggiato ad eguale numero di arcate.
Lato verso la Laguna
La fronte verso terra definiva quasi completamente il lato maggiore del campo, mentre quello opposto, volto direttamente sul margine lagunare, si presentava come una superficie compatta e massiccia di muro nel quale si aprivano su due piani piccole finestre quadrate, disposte simmetricamente e delineato dall'ingresso d'acqua e dalla sovrastante trifora. Alle estremità si aprivano due bifore in corrispondenza delle testate dei corridori dei corpi laterali.
Stile Architettonico
L'ambiente architettonicamente espresso in uno stile derivante più dal romanico che dal gotico, doveva apparire di grande suggestione, puntualmente ripetendosi il dolce paesaggio lagunare che caratterizza tutte le chiese di Cannaregio sorte ai margini della barena. A giudicare dalla vastità dell'insieme edilizio, si può immaginare che l'ordine dei Crociferi avesse raggiunto una notevole importanza per ricchezze e per numero di appartenenti. Non sembra però che essi si distinguessero in modo particolare in qualche attività in campo sociale, culturale o più semplicemente religioso; al contrario, i frati divennero ben presto noti per la loro condotta licenziosa e «poco timorata di Dio».
Passaggio in Commenda e Incendi
Il Tassini ci informa che nel XV secolo tutti i conventi dell'ordine dei Crociferi furono passati «in commenda» e che quello di Venezia fu concesso nel 1464 al cardinale Pietro Barbo e successivamente al più celebre cardinale Bessarione. Continuando però i frati la loro poco edificante esistenza, la Serenissima tentò invano di ottenere dal papa la loro esclusione dal monastero. Nel 1514 un incendio investì gran parte delle strutture conventuali, danneggiandole irreparabilmente.
Ricostruzione e Nuovi Progetti
Subito si iniziò l'opera di ricostruzione che si protrasse per parecchi anni in quanto i nuovi progetti interessarono un'area ancora maggiore della precedente. Infatti, ad un primo chiostro, che appare oggi di forme classicheggianti (il porticato al piano terreno e i finestroni al primo piano portano elementi codussiani), seguì la costruzione di altre fabbriche aperte all'interno da spazi scoperti e cortili. È difficile stabilire una cronologia, anche approssimata, dei vari interventi che si susseguirono dal Cinquecento al Settecento, soprattutto perché la soppressione dei Gesuiti, avvenuta nel 1773, fece destinare ad usi profani l'intero complesso conventuale che divenne prima scuola e poi caserma, con le conseguenti manomissioni e modifiche dovute ai nuovi usi. Tuttavia, è possibile supporre con una certa esattezza di ipotesi che i lavori attorno al monastero si protraessero per tutto il Seicento.
Le "fondamenta nuove"
Si può tuttavia ritenere che già prima della metà del Cinquecento la parte del complesso adiacente alla chiesa e la struttura del chiostro fossero già agibili; non si hanno al contrario notizie di lavori di ripristino nella chiesa che, di conseguenza, non dovette subire gravi danni nell'incendio. Nel frattempo si era allargato il limite settentrionale dell'insula, avvicinandosi a quello che sarebbe diventato l'assetto definitivo della città in questa zona. La nuova viabilità avrebbe infatti interessato un fronte laguna di 850 metri con una lunghissima fondamenta (poi denominata «Fondamente Nuove») che, partendo dalla Sacca della Misericordia, avrebbe raggiunto con successivi segmenti collegati da numerosi ponti in corrispondenza dello sbocco dei canali in laguna, il rio di San Giuseppe nel sestiere di Castello.
Ospedale e Oratorio
I Crociferi erano anche proprietari di un ospedale con annesso oratorio fondato nel XIII secolo e costruito sul lato opposto al convento con l'aiuto finanziario del doge Renier Zeno. Questi edifici furono rinnovati nella struttura e nella decorazione alla fine del Cinquecento per intervento di un altro doge, Pasquale Cicogna. A Jacopo Palma il Giovane fu dato incarico di dipingere il ciclo pittorico nell'oratorio con le vicende più significative dell'ordine.
Il Papa sopprime l'ordine
Nella seconda metà del XVI secolo, Pio V, il papa moralizzatore dei costumi ecclesiastici, dispose radicali riforme interne per l'ordine dei Crociferi, restituendo allo stesso tempo ai frati il diritto di riscuotere le rendite delle «commende», confiscate circa un secolo prima. Per qualche tempo la riforma diede buoni frutti, ma con il passar degli anni le antiche abitudini ripresero il sopravvento, tanto da costringere Innocenzo X, papa tra il 1644 e il 1655, a prendere drastici provvedimenti. Tutti i conventi dei Crociferi furono soppressi per disposizione pontificia ad eccezione di quello di Venezia. Tuttavia, nel 1656, Alessandro VII, succeduto ad Innocenzo X, soppresse definitivamente l'ordine.
La scomunica di Venezia
Nell'agosto del 1605 vengono arrestati un abate ed un canonico per aver commesso stupri, omicidi e reati comuni. Queste due canaglie, però, chiesero ed ottennero la protezione del papa che ne chiedeva l'immediata consegna al foro ecclesiastico romano.
L'ambasciatore veneziano Agostino Nani rispondeva "picche" al papa spiegando che:
"i Veneziani, nati in libertà, non erano tenuti a rendere conto delle operazioni loro se non al Signor Iddio, unico superiore al doge nelle cose temporali."
Insomma: i reati commessi nella Repubblica verranno giudicati dalla Repubblica: non si accettano interferenze da parte del papa o della Chiesa Romana.
Nasce un conflitto diplomatico che si svolge a colpi di provocazioni fino all'ultimatum del 17 aprile 1606: se entro 24 giorni non vengono consegnati i due prigionieri sarà scomunicato tutto il territorio della Serenissima.
Il Doge ed i suoi consulenti, primo fra tutti Fra Paolo Sarti, rifiutano il ricatto ed, anzi, lo dichiarano nullo e privo di valore perché contrario alle Sacre Scritture. Con una dichiarazione pubblica asseriscono:
La vostra scomunica non la stimiamo per nulla, come cosa senza valore.
I Gesuiti vengono esiliati
La scomunica viene ufficializzata. Teoricamente sono vietate tutte le celebrazioni: battesimi, funerali, matrimoni... Ma le autorità Veneziane impongono che tutto si svolga regolarmente e senza interruzioni.
I Gesuiti non se la sentono di disobbedire al papa e vengono espulsi dalla Repubblica: è necessario proteggerli con una scorta armata dall'ostilità del popolo.
Vengono "salutati" con il grido: andé in malora!
Il 26 Febbraio del 1612 il Senato emette un Decreto che prevede la pena capitale per chi farà educare i figli dai Gesuiti.
Circa 10 anni dopo il termine delle ostilità con Roma, nel 1621 il Senato respinge a pieni voti la proposta di riammettere i Gesuiti a Venezia.
Ritorno dei Gesuiti a Venezia
Qualche anno dopo la Serenissima, che si trovava in ristrettezze economiche per le forti spese necessarie a sostenere la guerra di Candia, fu in un certo senso costretta a ricambiare il favore che il papa le aveva fatto, accettando di riammettere a Venezia i Gesuiti che nel 1606 aveva scacciato per rappresaglia nella diatriba sorta tra il governo veneziano e Paolo V.
Questo nonostante i Gesuiti, come abbiamo visto a differenza degli altri ordini religiosi, si erano schierati decisamente a favore del papa sostenendone con fermezza le tesi.
La contesa, nata da contrasti in apparenza marginali, celava in realtà motivi ben più validi e importanti qualil'accettazione dell'ingerenza pontificia all'interno della struttura politica veneziana e nel modo di amministrare la giustizia.
Il pretesto dell'accusa ai due preti di reati nascondeva quindi una faccenda ben più importante: la Repubblica sosteneva il suo buon diritto di applicare la propria legge anche ai religiosi in quanto cittadini veneziani..
Reintegrazione dei Gesuiti
Nel 1650 Venezia è stremata da una guerra infinita contro i Turchi per difendere Candia (Creta) e concorda con Papa Alessandro IV - in cambio della cessione di beni di alcuni ordini religiosi - la riammissione dei Gesuiti.
È un boccone amaro e dopo un acceso dibattito la Compagnia di Gesù viene riammessa. La Repubblica è costretta a fare di necessità virtù.
Nel 1657, il 28 Febbraio, i Gesuiti vengono ufficialmente riammessi a Venezia e nello stesso anno acquistano per 50.000 ducati d'oro una vecchia chiesa dei Crociferi che diventerà la sede dell'ordine.
La loro residenza era però vincolata da un permesso di soggiorno del governo da rinnovarsi ogni tre anni. Insomma il governo veneziano aveva loro concesso un "permesso temporaneo".
Rinnovamento del Complesso
All'inizio del nuovo secolo, i frati avevano riacquistato l'antica sicurezza e prestigio e, non più assillati dalla possibilità di essere allontanati da Venezia, iniziarono il rinnovamento della loro sede.
La chiesa non era certo sufficiente per coniugare le valenze politiche e religiose e le ambizioni che il severo ordine intendeva portare avanti e così, alcuni decenni dopo, nel 1714 la Chiesa venne abbattuta per essere ricostruita più ampia e in forme moderne.
Nel 1715, la vecchia e forse cadente chiesa dei Crociferi fu abbattuta e ricostruita più ampia e in forme del tutto nuove. Il progetto fu affidato all'architetto Domenico Rossi, molto attivo in quegli anni a Venezia e più disposto di altri ad accettare le direttive che i Gesuiti imponevano quasi sempre ai costruttori delle loro chiese.
Direttive Gesuitiche
Tali direttive costituivano l'applicazione pratica dei principi teologici enunciati al Concilio di Trento per una rigida restaurazione cattolica. Gli edifici destinati al culto dovevano avere pianta basilicale a croce latina e i Gesuiti applicarono fedelmente nelle loro chiese questo principio teologico-architettonico e lo imposero ai loro artisti. Il Vignola, che fu il maggior esponente di quello stile, cosiddetto «gesuitico», si adeguò perfettamente alle esigenze dei committenti e tradusse con grande efficacia questi rigidi principi nella chiesa romana del Gesù, rimasto insuperato modello.
Ricostruzione della Chiesa dei Gesuiti
Anche nella ricostruzione della chiesa di Santa Maria Assunta, più conosciuta con il nome di «Gesuiti», i frati avevano preteso l'applicazione delle antiche formule, a cui erano sempre rimasti fedeli, malgrado l'evolversi dei tempi e degli stili. Il Gradenigo ha lasciato nei suoi scritti un'interessante testimonianza dell'intervento diretto dei religiosi durante la progettazione e i lavori.
La maggior parte della spesa sembra essere stata sostenuta dalla famiglia Manin che chiamò, oltre al nominato Rossi, altri artisti di sua fiducia, quali fra Giuseppe Pozzo, Louis Dorigny e Giovanni Battista Tiepolo.
Conclusione della Chiesa
Nel 1728, la grande chiesa era praticamente terminata e dovette rappresentare un avvenimento culturale addirittura rivoluzionario per Venezia, abituata a concezioni architettoniche e ad interpretazioni decorative ben diverse.
Facciata della Chiesa
La paternità della facciata è generalmente attribuita a Giambattista Fattoretto, un artista poco conosciuto e che solo in questo edificio appare in veste di architetto. È più probabile supporre che lo stesso Rossi sia stato l'autore del progetto e che il Fattoretto l'abbia realizzato apportando qualche modifica al disegno originario. Accettando questa ipotesi, meglio si spiegherebbero le analogie architettoniche e stilistiche con altri lavori sicuri del Rossi, quali la facciata di Santa Maria del Giglio, benché in quest'ultima l'uso della scultura appaia più aderente e più stringato.
Descrizione della Facciata
Dal ponte di ingresso nel campo, la chiesa dei Gesuiti appare sul fondo, leggermente rilevata rispetto alla linea dell'anonima fronte continua dell'ex monastero. La facciata, che gradualmente si rivela, è divisa in due ordini: quello inferiore scandito da colonne in forte aggetto sulle quali poggia l'architrave con una linea mossa e spezzata. Ogni colonna costituisce a sua volta la base del piedestallo su cui si trova una statua a tutto tondo. Al centro, il grande portale d'ingresso, dal timpano curvilineo interrotto e ornato da figure marmoree, è affiancato strettamente dalle prime due colonne.
Gioco di Piani e Colori
Sui fianchi della facciata, in corrispondenza delle cappelle laterali interne, gli spazi sono giocati su due piani diversi in cui le colonne esterne, interrotte al primo ordine e più rientranti, contribuiscono a dare l'illusione di colonnato, creando un gioco prospettico di differenze di piani ben maggiore di quanto avviene nella realtà. Questa impressione è ancor più rafforzata dal colore scuro, contrapposto al biancore delle colonne, che la patina del tempo ha steso sulle superfici marmoree degli interspazi, sostituendosi agli stucchi policromi che fingevano drappi e tappeti per dare unitarietà stilistica con l'interno.
Secondo Ordine della Facciata
Il secondo ordine, davanti al quale fanno barriera le grandi e movimentate statue, è suddiviso in tre riquadri lineari di forma rettangolare con cornici fortemente incise; il riquadro al centro è aperto da un finestrone al quale la lieve curva dell'architrave conferisce un leggero movimento. Il coronamento a timpano triangolare ritorna ad essere fortemente rilevato da una doppia potente cornice che gira, per un breve tratto, anche nell'angolo interno collegandosi con la colonna esterna del primo ordine per mezzo di un contrafforte ad andamento leggermente curvilineo. Sui due spioventi della cornice si assiepa una vera folla di statue che pongono in risalto, soprattutto per chi guarda da lontano, il dinamismo barocco delle braccia, dei corpi e delle vesti svolazzanti.
Interno della Chiesa
Ciò che più colpisce dell'interno è la sfrenata fastosità e il cromatismo della sovrabbondante decorazione che interessa ogni superficie della chiesa, dai pilastri alle volte, dagli archi alle cornici. Monumentale e solenne, l'ampissimo spazio della navata si frantuma, annullato dall'eccesso di ornato che finisce con l'assumere valore preminente sulla stessa struttura architettonica. Intarsi marmorei verdi e bianchi ricoprono ogni superficie piana, colonne, pilastri e cornici, ad imitare arazzi e tappezzerie, così come gli stucchi bianchi e oro della volta tessono una trama brillante e sottile intorno ai riquadri affrescati dal Fontebasso con figurazioni bibliche.
Pavimento e Decoro Interno
Anche il pavimento, a cui dedicheremo specifica attenzione in seguito, è concepito con ricchezza decorativa, secondo un elaborato disegno geometrico a marmi bianchi e neri, ben diverso dalla soluzione a quadri bianchi e rossi, usuale per quasi tutte le chiese veneziane. Ma il Rossi non tralascia alcun particolare: altari, arredi fissi, pulpiti, balaustre sono tutti occasioni e pretesti per aggiungere preziosità allo sfarzo.
Struttura Architettonica
Strutturalmente, la pianta è tipica delle chiese gesuitiche, a croce latina allungata, ad unica navata e profonde cappelle laterali intercomunicanti, transetto e presbiterio a fondo piatto affiancato da due cappelle che ripetono per forma e dimensione quelle della navata. La notevole altezza della trabeazione che corre sui capitelli corinzi dei pilastri e il rilievo che acquista per aggetto con lo spezzettarsi continuo della linea, introducono un motivo architettonico orizzontale di notevole rilevanza che l'artista dilata oltre l'ultima cornice superiore con barbacani, sottolineandolo intenzionalmente con un fregio riccamente decorato sul quale si imposta la volta di copertura. L'abbondanza della luce che entra dalle numerose finestre laterali e frontali vivifica in modo sorprendente gli spazi e dà estrema brillantezza alla decorazione.
Altar Maggiore e Campanile
Il grande altar maggiore, che occupa tutto lo spazio dell'arcata del presbiterio, è opera di fra' Giuseppe Pozzo, che è molto probabilmente anche l'ideatore degli altari laterali, anch'essi di forme bizzarre e inconsuete per Venezia. Il Torretti è invece autore delle sculture. L'altar maggiore si impone per monumentalità e ricchezza di materiali; il baldacchino è sostenuto da due gruppi di cinque colonne tortili di marmo verde e coronato da una cupola decorata da stucchi. Sul fianco sinistro della chiesa sorge il modesto campanile che ha mantenuto non solo la stessa posizione ma anche la originaria struttura muraria della canna. Settecentesca è al contrario la cella che non presenta caratteri di particolare rilievo.
Scuola dei Varoteri e Giochi Proibiti
Accanto all'antica chiesa dei Crociferi esisteva l'edificio della scuola dei Varoteri (pellicciai) rappresentata da un'incisione del Lovisa che raffigura nella stessa immagine anche l'antico gioco del pallone. Il Consiglio dei X dovette emanare un suo decreto l'11 aprile 1711 con il quale proibiva tale gioco in campo dei Gesuiti, forse per rispetto dei luoghi. Quando i Gesuiti costruirono la nuova chiesa, anche la scuola venne demolita e per ordine della Repubblica fu ricostruita nel mezzo del campo Santa Margherita usando materiale di recupero.
Il pavimento della Chiesa dei Gesuiti
Solo qualche decina di anni fa il pavimento della navata era disastrato, completamente dissestato, le lastre erano rotte ed i turisti si portavano via dei pezzetti di pavimento come ricordo.
Fortunatamente un lungo e delicato restauro ha riportato questo meraviglioso pavimento all'antico splendore.
Sono entrato per la prima volta in questa chiesa una quindicina di anni fa e ricordo bene la sensazione di stupore, di incredulità di fronte alla meraviglia del pavimento dell'altare.
Ma facciamo un passo indietro...
Bellissima foto aerea della Chiesa dei Gesuiti, realizzata da Alvise Bagagiolo
La costruzione della Chiesa e del pavimento
La Chiesa che vediamo oggi è stata costruita, nello stile barocco, tra il 1714 ed il 1729, dopo la demolizione della preesistente chiesa dei Crociferi che fin dal 12mo secolo occupava, con l'attiguo convento, questa zona che affaccia sulla laguna nord.
Artefice della costruzione fu la famiglia Manin, la famiglia dell'ultimo Doge di Venezia, che finanziò anche il Duomo di Udine. I Manin si avvalsero della squadra formata da Fra' Giuseppe Pozzo, un carmelitano scalzo a cui si deve il disegno dell'altare maggiore; da Luis Dorigny a cui si devono le decorazioni pittoriche e dall'architetto Domenico Rossi che ha gestito e coordinato le maestranze.
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Questo "team" creerà uno dei più eclatanti esempi di architettura barocca Veneziana, creando uno spazio teatrale con degli intarsi di marmo bianco e verde che rivestono le pareti ma anche, in forma di drappo, il pulpito e, meravigliosamente, i gradini dell'altare