
Storia della Chiesa dell'Arcangelo Gabriele a Venezia
La fondazione
Secondo la risale al 640 o addirittura al 416 la fondazione di questa chiesa dedicata fin dall'inizio all'Arcangelo Raffaele e, denominazione in seguito scomparsa, al Santo Nicola.
L'ipotetico edificio del VII secolo, contemporaneo al duomo di Torcello, apparterrebbe alla serie delle otto chiese fondate a Venezia dal vescovo di Oderzo, Magno, a cominciare da quella di Olivolo.
Gli incendi (tra leggenda e storia)
La Chiesa subì tre gravissimi incendi in epoche successive: nell'899, nel 1105 e infine nel 1149 per cui ebbe tre complete ricostruzioni. Accettando il presupposto che la chiesa dell'Angelo Raffaele sia una delle più antiche costruzioni religiose di Venezia, si può tentare di formulare un'ipotesi storica che, pur non fondandosi su alcun elemento certo o documentato, acquisti plausibilità.
E da considerare che Venezia nel IX secolo andava rapidamente assumendo carattere sempre più definito di città, sia sotto il profilo urbanistico-edilizio che sotto quello politico-amministrativo, per cui diventa possibile assegnare a questo periodo la fondazione dell'Angelo Raffaele, come quella di molte altre Chiese cittadine.
D'altra parte ogni ipotesi di maggiore antichità dell'Angelo Raffaele deve essere necessariamente legata all'esistenza in quei luoghi di una comunità già organizzata, seppure in forme semplificate, e raccolta intorno all'unico nucleo di vita sociale allora rappresentato soltanto dalla chiesa. In particolare è bene tener presente che gli edifici di culto non sorgevano solo con caratteri rappresentativi edilizi o per rispondere ad esigenze religiose, ma erano soprattutto centri amministrativi utili per la suddivisione della città in parrocchie, e addirittura necessari come uffici di censimento e di registrazione di nascite, morti, ecc.
L'Angelo Raffaele, qualunque sia stata l'epoca di fondazione, doveva essere l'unico edificio religioso nell'insula chiaramente definita dai due canali interni dell'Angelo Raffaele e di San Basilio e prospiciente il Canale della Giudecca.
Questa prima fabbrica può quindi essere stata distrutta da un incendio nel 899 e quindi restaurata o totalmente ricostruita.
Per quanto riguarda l'incendio del 1105 si è già detto altrove che dovette avere proporzioni gigantesche. La città ne usci per buona parte distrutta per cui con l'andar degli anni le cronache, o il ricordo di coloro che vi assistettero, diedero al rogo proporzioni addirittura mitiche. Oggi è difficile pensare che Venezia sia arsa completamente, da un capo all'altro, e che il fuoco si sia propagato in zone lontanissime tra loro e oltre tutto protette da canali e barene.
Che l'incendio abbia toccato anche l'Angelo Raffaele può perciò essere frutto di esagerazioni della fantasia popolare.
Si arriva così alla metà del XII secolo, quando si ha notizia di un nuovo incendio con la conseguente distruzione totale dell'edificio.
I documenti
Il primo documento ufficiale nel quale si nomina l'Angelo Raffaele risale al 1193 e si riferisce appunto alla consacrazione della nuova chiesa ricostruita dopo il nominato incendio del 1149. Vi sia stato o meno l'incendio, è certo che la fabbrica venne completamente rinnovata ed è la stessa che appare nella pianta del de Barbari e che ancora esisteva, seppure ormai cadente, all'inizio del Seicento.
La chiesa, del tipo basilicale a tre navate, strutturava la zona circostante nel senso tradizionale, pur tenendo conto delle differenziazioni che l'ambiente imponeva. All'estremità nord orientale dell'insula, definita dai due canali di cui si è detto, una serie di edifici di civile abitazione componeva all'interno una vasta area sulla quale la chiesa si inseriva in corrispondenza del margine più settentrionale, quasi completamente libera, creando intorno a sè spazi diversi e comunicanti.
La facciata
La facciata, che appariva defilata rispetto al ponte d'ingresso in linea con il campanile che la precedeva sulla sinistra, prospettava sullo spazio minore, coincidente con quello dell'odierno ingresso laterale, mentre, secondo l'ormai abituale impostazione urbanistica, il campo vero e proprio si apriva in corrispondenza della navata destra. Lungo il muro della stessa si addossava anche il portico architravato sorretto da colonne, aggiunto al corpo della chiesa forse in epoca trecentesca e adibito a cimitero e a riparo notturno di pellegrini e povera gente. Dietro l'abside, lo spazio suc-cessivo, che per dimensioni potremmo definire « campiello », comunicava dopo una breve calle ottenuta sulla profondità delle case costruite a filo canale, con il secondo ingresso all'insula attraverso il rio di San Basilio. Ci troviamo qui in presenza di un sistema urbano più complesso di altri già incontrati perché offre, pur disponendo degli stessi elementi concettuali di base, maggiore variabilità e dinamicità di ambienti e di percorsi intorno al corpo della chiesa che, rimanendo libera da edifici, acquista diversi e più definiti valori architettonici e pro-spettici.
All'inizio del XVII secolo la vecchia chiesa si presentava in condizioni statiche precarie, come era accaduto per altri edifici coevi dello stesso tipo, lasciati, si direbbe, volutamente deperire perché non rispondevano più alle nuove esigenze culturali e artistiche andatesi affermando a partire dal Cinquecento. Venne quindi decisa ancora una volta la sua demolizione e il progetto della nuova fabbrica fu affidato nel 1618 a Francesco Contin (o Contino), appartenente ad una numerosa famiglia di costruttori e architetti.
Quando la chiesa venne consacrata, nel 1639, i lavori non erano ancora conclusi. Mentre l'interno era in gran parte definito, l'esterno rimase incompiuto probabilmente per mancanza di finanziamenti. Altri interventi, alcuni di trasformazione, altri di ripristino e di restauro, si avvicendarono nella seconda metà dello stesso secolo, precisamente nel 1676 e nel 1685, quest'ultimo a seguito di un altro incendio. Nel 1735 furono ripresi i lavori per la sistemazione della facciata e per un rimodernamento dell'interno; durante l'esecuzione di queste opere la facciata crollò improvvisamente travolgendo anche l'organo posto sulla fronte interna che andò completamente distrutto.
Terminati i lavori di consolidamento e di ristrutturazione, un nuovo organo fornito dai fratelli Antonio e Tommaso Amigoni fu posto in opera tra il 1743 e il 1749, anno della sua inaugurazione. Il parapetto ligneo è ornato da preziosi dipinti, racchiusi entro comparti, raffiguranti « Storie di Tobiolo » e attribuiti dalla critica a Francesco Guardi.
La chiesa
L'attuale chiesa, che corrisponde di massima a quella ideata dal Contin, ha pianta a croce greca e volge la facciata principale verso il canale dell'Angelo Raffaele dal quale è divisa da una stretta fondamenta. Come era prevedibile, nell'ultima sua ricostruzione l'edificio mutò orientamento e il suo asse longitudinale venne ruotato di novanta gradi in maniera da rivalutare urbanisticamente e architettonicamente ciascuno degli spazi che la chiesa duecentesca aveva soltanto in parte valorizzato.
Il Contin, tenendo giustamente conto della diversa funzione urbana a cui la chiesa avrebbe assolto con il nuovo orientamento e sfruttando le possibilità che la pianta a croce greca gli offriva, aveva previsto tre facciate uguali sulle testate dei bracci.
L'architetto non studiò invece alcuna soluzione particolare per il campo retrostante su cui si affaccia l'abside, anonimamente espressa e priva di alcun attributo architettonico, anche a seguito di successivi interventi. L'opera si arrestò prima che le tre facciate venissero realizzate e perse quel rapporto spazio-architettura pensato dal Contin.
L'ingresso sulla fondamenta raramente viene utilizzato al contrario di quello laterale posto nel percorso di traffico e corrispondente all'ingresso principale della antica Chiesa Bizantina.