Il primo edificio rinascimentale a Venezia, monumentale opera dell'architetto Mauro Codussi.
Chiesa di San Michele in Isola
Dalle fondamenta nuove l'occhio del turista è attratto dalla luminosissima chiesa di San Michele in Isola. La chiesa, con la sua bianca facciata, fu il primo edificio rinascimentale costruito a Venezia.
Il primo capolavoro di Codussi
Questa chiesa monastica dei camaldolesi fu la prima opera di Mauro Codussi, che i monaci camaldolesi di Sant'Apollinare in Classe, nei pressi di Ravenna, inviarono a Venezia e venne iniziata nel 1469.
La struttura
L'interno della Chiesa si presenta con ordito planimetrico su sviluppo longitudinale a tre navate con inserzione di coro pensile.
l sistema cupollato nell'area del presbiterio rinvia al mondo fiorentino e del Brunelleschi.
Ma l'elemento più sorprendente è senza dubbio la monumentale, bianchissima facciata. Alcuni studiosi sostengono che il motivo del frontone lobato sia ispirato al Duomo di Sebenico, al tempo dominio della Serenissima.
L'isola di San Michele è, oggi, il cimitero di Venezia.
Le origini della Chiesa di San Michele
Un isola inutile a nord di Venezia
L'isola di San Michele Arcangelo, a nord di Venezia, a metà strada da Murano, era un tempo chiamata cavana, o riparo coperto per le barche, di Murano, poiché poteva servire appunto da riparo per le barche sorprese dalle tempeste. Geograficamente periferica e di nessuna utilità economica e sociale, nel 1212 fu ceduta ai monaci dell'ordine camaldolese.
La leggenda di San Romualdo
Essendo separata sia da Venezia che da Murano, l'isoletta era considerata ideale per la vita eremitica dei frati; la leggenda racconta anche che San Romualdo (950 ca.-1027), fondatore dell'ordine, era stato con un eremita sull'isola, dove già esisteva una modesta chiesa di San Michele.
I primi camaldolesi
I primi camaldolesi erano vissuti da eremiti in colonie, chiamando i loro monasteri «deserti», ma nel XIII secolo, qui a San Michele, la loro vita era divenuta meno eremitica e più cenobitica. Furono costruiti un piccolo e solido monastero e una chiesa di mattoni, probabilmente non molto diversi dai piccoli monasteri di qualsiasi altro luogo.
L'esigenza di una nuova chiesa
Intorno al 1460 la chiesa aveva cominciato ad andare a pezzi, cosicché fu necessario un nuovo edificio, e con urgenza. Dopo la consultazione della casa madre dei camaldolesi a Classe, fu ottenuta l'approvazione dell'abate, e i lavori vennero iniziati alla fine del 1468. Si potè conservare qualche tratto delle fondamenta e un vecchio muro a lato del chiostro, mentre altri tratti di fondamenta e di muri furono forse rafforzati abbastanza da poter essere utilizzati ancora.
Codussi e la chiesa di San Michele
1469: iniziano i lavori
Non sappiamo se il Codussi avesse mai progettato o costruito precedentemente altri edifici, anche di importanza minore rispetto alla Chiesa di San Michele a Venezia. I documenti che riguardano i progetti sono pochi ma sappiamo con certezza che nel 1469 dirigeva i lavori della ricostruzione. Sembra che sia stato preparato ed approvato, prima, un modello dell'edificio, nel 1468.
Un capace direttore lavori
In ogni caso abbiamo testimonianze di come Mauro fosse un eccezionale direttore lavori: gli operai lavoravano il doppio quando lui era presente ed il suo ruolo di supervisore permise ai lavori di procedere spediti.
Una scelta coraggiosa
La scelta del modello di Codussi fu certamente audace perché non esisteva a Venezia un solo edificio completamente rinascimentale. Evidentemente alcuni frati dovevano avere ammirato delle opere rinascimentali fuori Venezia ed osarono incaricare questo giovane e rivoluzionario architetto.
La facciata della Chiesa di San Michele
Un effetto ricercato
All'epoca in fui ultimata nessun'altra chiesa si presentava in una collocazione così spettacolare. Nessuna sorgeva dalla laguna, o era così teatralmente visibile da tanto lontano. La vasta superficie di acqua lucente, liscia o increspata che sia, conferisce un fascino drammatico all'eleganza di questa bianca facciata. Sicuramente Codussi tenne conto di questo effetto desiderato.
Lo stupore alla scoperta
Possiamo immaginare lo stupore degli abitanti di Venezia del tempo non appena venne tolta l'impalcatura: la facciata si rivelò, innovativa e bianchissima, nella purezza della sua pietra bianca.
Non esisteva niente che avesse un effetto simile, nessuno era preparato a quello che avrebbe visto
La testimonianza
Abbiamo una testimonianza del priore Delfin che scrisse al suo superiore di Sant'Apollinare in Classe: "nello spazio di nemmeno un anno è stato completato ciò che altri non sarebbero riusciti a realizzare in molti. E perciò non posso già fare a meno di vedere che è stata iniziata un'opera di meravigliosa bellezza ed eleganza, e se la parte che deve essere ancora costruita si conforma a ciò che è già stato fatto, essa sarà considerata tra le chiese più splendide del nostro tempo".
All'interno della Chiesa
Entrando nella chiesa, ci si trova immediatamente in uno spazio rettangolare, largo quanto tutto l'edificio ma lungo solo quanto un intercolumnio e un terzo.
Il barco, che si innalza a metà strada dal soffitto, impedisce allo sguardo di cogliere tutta la navata, ma nello stesso tempo i cinque archi aperti lo liberano, e la ripetizione ininterrotta dei cassettoni del soffitto lo conduce oltre la vista.
Ad arricchirla ancora di più interviene il movimento incrociato della fila di cinque archi attivi, delle numerose componenti orizzontali ripetute, che raggiungono il culmine nel parapetto e (in origine) dei piccoli altari che attraggono l'attenzione lateralmente, verso i muri della navata centrale, a ciascuna estremità (questi ultimi vennero tolti nel XIX secolo).
Questo gioco di spazi intrecciati o uniti e di sguardi direzionali non è sottolineato, ma ha un carattere del quale il progettista doveva essere consapevole.
Codussi progettò forse coscientemente l'efficace sequenza di luci: media nello spazio anteriore, scarsa sotto il pontile, brillante nella navata centrale, smorzata di fronte al presbiterio e splendente nell'abside.L'arrivo di Napoleone e l'isola di San Michele
L'arrivo di Napoleone ebbe due conseguenze per l'Isola. La prima fu che nel 1817 il complesso monastico venne chiuso. L'isola venne adibita prima a prigione e poi restituita alla Chiesa ma ai frati francescani riformati. Nel 1839 venne interrato il canale che si trovava tra l'isola di San Michele e quella di San Cristoforo della Pace, e quella zona divenne il cimitero municipale. Questa fu la seconda conseguenza diretta di un decreto di Napoleone del 1807 che aveva vietato le sepolture in città e stabilito che dovessero essere fatte a San Cristoforo.
Ben presto lo spazio non fu sufficiente e le due isole, San Michele e San Cristoforo divennero (e sono tutt'ora) il cimitero di Venezia.
La Chiesa fu danneggiata dall'alluvione del 1966 ed è oggi mantenuta in condizioni buone dalla comunità di francescani che vi abita.
Da Venezia all'isola di San Michele a piedi
Una curiosità: in circa 1000 anni la laguna ghiacciò almeno una ventina di volte. Nel 1929 la temperatura è scesa fino a quasi -30 gradi.
Per una di queste occasioni venne scritta questa curiosa ballata che ci spiega come si potesse correre sul ghiaccio.
LA CANZON DEL GIAZZO
NE CONTAVA I NOSTRI VECI
CHE DE L'ANO OTANTAOTO
SE PODEVA ANDAR DE TROTO
SORA EL GIAZZO CAMINAR!
CHE BEL AFAR! CHE BEL AFAR!
SORA L'AQUA CAMINAR
SULE FONDAMENTA NOVE
DE FASSADA AL CIMITERO
GHE XE EL GIAZZO COME EL FERO
SE POL SORA CAMINAR
CHE BEL AFAR! CHE BEL AFAR!