Nel 1821 Lord Byron, Poeta inglese ma anche grande amatore (la sua casa sul Canal Grande era una sorta di harem), scrive il dramma: The two foscari dove racconta la terribile storia di Francesco Foscari, doge, e di suo figlio Jacopo.
Qualche anno dopo, nel 1844 è Giuseppe Verdi a comporre l'opera "I due Foscari".
Altri artisti si occuperanno della vicenda di Francesco Foscari, uno dei Dogi più importanti che la Repubblica abbia mai avuto e che scoprirai leggendo questo articolo, in cui parleremo anche del suo sfortunato figlio Jacopo e dello splendido Palazzo sul Canal Grande.
Francesco Foscari, "procurator zòvene"
Prima della morte del vecchio Doge Mocenigo, era convinzione di molti che sarebbe stato fatto Doge Francesco Foscari.
Questo nonostante i nobili veneziani più ricchi e più tradizionalisti facessero capo al doge Tommaso Mocenigo che aveva ben compreso la potenziale carica eversiva del giovane Francesco Foscari.
Francesco era stato eletto all'altissima dignità di procuratore di San Marco a soli 40 anni, davvero giovanissimo per una carica così importante, tanto da essere soprannominato "il procurator zòvene".
Il Mocenigo lo considerava talmente temibile e pericoloso per la sopravvivenza della Repubblica da farne oggetto sia di interventi in Senato che nel suo ultimo discorso pronunciato prima di morire.
Nel 1422, in Senato, lo apostrofa così:
Viviamo nella pace perché Dio è pace e chi vuol guerra vada all'Inferno. Procurator giovane, Dio creò Adamo savio, buono e perfetto [...] ma fu disubbidiente e peccò di superbia e Dio lo cacciò dal Paradiso dove era la pace e gli fece conoscere la guerra [...] ed un fratello uccise l'altro [...] e così succederà ai fiorentini che sono sempre in guerra e se noi faremo a modo del nostro procurator giovane, la stessa cosa capiterà a tutti noi.
Anche nel suo documento finale, dettato dal suo letto di morte, il Doge Mocenigo avvisa:
Quelli che diseno voler tor [eleggere come Doge] Messer Francesco Foscari, non intendo per qual rason: però che 'l dico ser Francesco Foscari dice busie et alto vola più che non fa i falchoni. Et Dio non vota, se vui el pareti doxe, de breve sareti in guerra...
Ma nonostante l'impegno del vecchio Doge a demolire il giovane procuratore e le terribili profezie, Francesco Foscari, il 4 Aprile del 1423, venne eletto come 65° Doge della Repubblica di Venezia.
Venezia ai tempi di Francesco Foscari
Venezia, ai tempi del Doge Foscari, era una città stato i cui confini erano il Garda ed il Mincio ad Ovest, le dolomiti a nord e poi le coste istriane, dalmate, le isole di Curfù, le coste del Peloponneso e poi la grande isola di Creta e le meravigliose Cicladi, lungo le rotte commerciali che da secoli i veneziani battevano per congiungere oriente ed occidente.
Foscari vince le elezioni grazie anche alla sua abilità nel coagulare attorno alla sua persona le preferenze di molti concittadini e nobili, era un vero e proprio "moderno politico" e aveva dedicato alla politica tutta la sua vita.
Questo anche grazie alle ricchezze accumulate dal padre, Nicolò, che si era arricchito smisuratamente con il commercio in Egitto. A renderlo ancora più ricco il matrimonio con una figlia della potente famiglia Michiel, del ramo detto scazo. Caterina Michiel, graziosa, carina e, soprattutto, erede universale del caro fratelli Andreolo Michiel. Questo ramo della famiglia Michiel deteneva il monopolio della produzione e del commercio dell'allume di Lesbo, la grande isola dell'Egeo di fronte alla Turchia. L'allume veniva utilizzato per tingere i capi di vestiario, da qui la ricchezza della famiglia che aveva le mani in pasta su molti altri traffici e commerci.
Da Caterina e Nicolò nascerà il futuro doge Francesco che, quindi, non aveva certo bisogno di lavorare per vivere.
Come divenne Doge Francesco Foscari
A Venezia era considerato normale dedicarsi prima a "fare i soldi" e solo successivamente mettersi a disposizione dello Stato per qualche ruolo istituzionale. La carriera politica, insomma, era affare per commercianti ricchi ed anziani. Ma non fu così per il Foscari. Spinto da una ambizione di potere egli dedico l'intera vita alla carriera politica diventando già nel 1415 Procuratore di San Marco de citra (cioè in rappresentanza dei sestieri posti al di quà del Canal Grande: Santa Croce, San Polo e Dorsoduro).
Questa carica era "a vita" ed era considerata una delle più elevate nella struttura politica della Repubblica, inferiore solo a quella del Doge e del Cancellier Grande.
Nel 1416 viene affiancato al Procuratore Barbo, che aveva più volte screditato ritenendolo vecchio e decrepito ed ormai incapace di far fronte al proprio ruolo. Il "zovane procuratore" inizia a dispensare doti alle giovani figlie di nobili in povertà, a far prestiti a nobili bisognosi per aiutarli ad avviare commerci... insomma a furia di distribuire grazie e benefici (circa 30.000 ducati, si stima) ottenne un'ottima reputazione, specie tra i nobili barnaboti (cioè quelli più poveri che vivevano a San Barnaba).
In questo modo si venne a creare un partito di sostenitori in Maggior Consiglio che sarebbe stato prezioso per la sua futura elezione, non appena fosse venuto a mancare il Doge Mocenigo.
Il giorno dell'elezione del Doge Foscari
Su Francesco pesava non solo l'anatema del Doge defunto ma anche la sua giovanissima età: al momento dell'elezione Francesco non aveva ancora compiuto cinquant'anni, era praticamente un ragazzino se confrontato all'età media dei candidati. Egli, però, poteva vantare, come scrive l'umanista Bernardo Giustinian: "un aspetto gradevole, la grazia del volto, la maestà e la salute prospera". Era anche sobrio nel mangiare e nel ber, colto e raffinato, non incline al lusso.
L'avversario di Francesco era Pietro Loredan, valorosissimo capitano da mar, che rappresentava il partito di quelli che sostenevano che bisogna "lassar stare la terra e coltivare el mar", tanto quanto il Foscari riteneva fondamentali le conquiste in Val Padana.
Le votazioni iniziarono il 10 aprile del 1423 ed il Foscari fu astuto nel "bruciare" la candidatura del Loredan sostenendo che la Repubblica non poteva rimanere senza il migliore dei suoi capitani da mar nell'affrontare l'insidia continua dei Turchi.
Con 26 voti su 41 Francesco fu eletto al decimo scrutinio, il 15 aprile del 1423. Iniziava un regno che sarebbe durato più di 34 anni.
La personalità del Doge Foscari
Francesco fu un uomo politico di grande levatura, un parlamentare consumato che sapeva come maneggiare le assemblee, capace di una eloquenza ricca ed emotiva. Ricco, bene imparentato, vede le cose in grande (basti vedere le dimensioni del Palazzo che si fa costruire).
Un ritratto attribuito a Gentile Bellini lo vede, seppure ingrassato ed invecchiato, con gli occhi acutissimi e scintillanti, vivi ed intelligenti.
Gli oppositori di Francesco, uniti sotto il motto di "coltivar el mar e passar star la terra" sono molti e, come abbiamo visto, primo fra tutti il precedente Doge ma anche Pietro Loredan, l'ammiraglio con cui il Doge Foscari ha scontri tali che si sospetta che quanto muore sia stato il Doge a farlo avvelenare.
Le conquiste di Francesco Foscari
Il vecchio doge Mocenigo non aveva torto: il nuovo Doge Foscari persegue l'espansionismo conquistando prima Brescia e poi Bergamo e portando il confine della Repubblica fino all'Adda, e poche ore di galoppo da Milano dei Visconti. Nonostante 30 anni di tentativi, però, non riuscirà mai a conquistare lo stato Visconteo.
Ma Venezia nemmeno mai arretrerà dalle provincie annesse che, a tutti gli effetti, diventarono parte dello stato veneziano.
Non altrettanto bene va nel Levante, dove Venezia perde posizioni: Salonicco cade nel 1430 e nel 1451 il nuovo sultano Maometto II, detto il conquistatore...