Storia di Venezia
Storia di Venezia: il mare e l'oriente
La potenza del commercio
Due sono le caratteristiche che ogni libro di storia di Venezia non manca di evidenziare su questa città: il suo essere "la porta dell'oriente" del mondo occidentale e la fenomenale capacità, tenacia, operosità e coraggio dei veneziani di muoversi, viaggiare e commerciare fin nei posti più lontani.
Ma quando tutto questo è iniziato?
Il mito di Venezia
Le informazioni sulla storia della città lagunare sono carenti fino a dopo l'anno Mille, dove i documenti d'archivio iniziano a diventare abbondanti. Nel basso medioevo, pertanto, dobbiamo rifarci a ricostruzioni e a racconti del mito.
La prima testimonianza di popolazioni che vivevano nell'area del delta padano e che commerciavano con i Greci e con l'area padana è relativa alla città di Spina, fondata nel IV Secolo a.C.
La vita a Venezia nel basso medioevo
La vita, alle foci del Po, vedeva gli abitanti occupati nelle attività di pesca, caccia palustre, pascolo e produzione di tessuti di lana, allevamenti ittici, saline, industria laterizia, grazie alla ricchezza di argilla alluvionale. Inoltre la palude consentiva una certa sicurezza, una naturale difesa.
Invece dalla letteratura romana vengono considerazioni negative sul paesaggio di acquitrini e acque vaganti, idee simili al periodo dell'Illuminismo, dove venivano elogiate le campagne coltivate e ben strutturate frutto di bonifiche integrali.
301 a.C. - I Veneti e la spedizione di Cleònimo
Re Cleonimo arriva in laguna
Nel 301/302 a.C., racconta Tito Livio, il re spartano Cleonimo era giunto in Italia dove aveva combattuto in Salento e poi aveva preso il mare diretto a nord. La sua flotta si sarebbe spinta fin sulle coste venete. Qui, Cleònimo, si sarebbe avventurato attraverso le lagune fino a raggiungere le foci del Brenta (i romani lo chiamavano Medùacus amnis). Il Re Spartano avrebbe deciso di risalire il fiume raggiungendo, 5 km dopo, le floride campagne attorno a tre villaggi marittimi dei Padovani, saccheggiandoli.
Lo scontro con Padova
I Padovani, non appena vennero a saperlo, si diressero verso la zona dei saccheggi, lontana circa 20 km dalla città e attaccarono sia i razziatori nelle campagne sia, contemporaneamente, i marinai rimasti a presidiare le imbarcazioni ed infine si diressero all'attacco del resto della flotta rimasta in laguna.
La laguna: una trappola per chi non la conosce
Alcune navi, vista la mala parata, tentarono frettolosamente la fuga verso il mare aperto ma, non conoscendo la laguna, rimasero incagliate nei bassi fondali e vennero incendiate e distrutte dalla juventus patavina. Cleònimo dovette scappare con quanto rimaneva della sua flotta, circa un quinto.
Questa è la prima testimonianza di una guerra terrestre e navale avvenuta nella laguna veneta e vinta dai veneti.
Testimonianza preziosa sulla nascita di Venezia
Sul popolo veneto
Questa testimonianza è preziosa per una serie di aspetti: ci dice che il paesaggio lagunare era popolato, dal momento che vi erano dei villaggi, che esisteva una navigazione fluviale (dal momento che i giovani patavini avevano raggiunto, inseguito e distrutto la flotta) che consentiva di passare dal fiume alla laguna, al mare aperto.
Sull'economia
Ma la testimonianza ci dice anche che l'economia di quelle terre doveva essere prospera, dal momento che attrae un esercito nemico, e che gli abitanti erano ben decisi a tutelarsi da invasioni nemiche.
220 a.C - I Veneti, i Romani e i Galli
I veneti in soccorso dei Romani
Come abbiamo detto non sono molte le testimonianze sulla Venezia dei tempi antichi. Un'altra preziosa testimonianza ci viene dallo storico Polibio che scrive nel II secolo a.C. e ci racconta che i Galli Sénoni avrebbero rinunciato all'assedio di Roma, durante la celebre scorreria del 386 a.C. perché attaccati alle spalle dai Veneti nei territori padani.
Buoni rapporti
Insomma sembra vi fosse stata una alleanza tra Veneti e Romani. I primi volevano stabilire e mantenere buoni rapporti ed intese pacifiche con il nascente impero.
Nel 220 a.C. abbiamo testimonianza di legioni romane che attraversarono la regione veneta fino alle Alpi orientali, impegnate in una spedizione bellica, senza che essere ostacolati dai veneti.
Alleati contro Annibale
Ed anche quando le truppe di Annibale piombarono sull'Italia del Nord, mentre altri alleati di Roma preferirono la defezione, i Veneti rimasero alleati fornendo aiuti militari a Roma.
43 a.C. - Fine dell'alleanza con Roma?
Occupazione o influenza
Per quanto durò questa alleanza? Secondo qualcuno fino al 43 a.C. quando il territorio Veneto venne occupato da Antonio. Ma probabilmente non fu una occupazione militare dal momento che nel territorio veneto circolavano le monete romane già dal II secolo a.C., pertanto le terre venete erano già sotto l'influenza politica ed economica di Roma.
Probabilmente fu un protettorato
Insomma il Veneto si configurava come un "protettorato Romano", tanto che per i suoi territori passavano la Via Postumia e la Via Annia, entrambe costruite nel II secolo a.C.
Le Venezie ai tempi di Roma
Nel II secolo a.C. si assiste alla fondazione di Iulia Concordia che aveva il suo porto sul mare a Caorle e la fioritura di Altino, sulla costa interna della laguna veneta, nei pressi della foce del Sile. Ma anche al potenziamento della dimensione marinara di Aquileia e di Grado
Altino, distante 2 km dalla laguna e 13 km dal mare aperto (Bocca di San Nicolò) divenne il nodo principale del sistema lagunare, il principale porto collegato, via lagune e fiumi, con Ravenna.
Vitruvio e Venezia
Vitruvio è il primo autore che si sofferma in maniera esplicita sulla realtà lagunare. Egli precisa che la presenza dell'acqua non è ovunque perenne perché ci sono "dossi e isolotti emergenti". Egli si riferisce a queste terre con un misto di stupore e ammirazione per la loro "incredibile salubrità" che aveva consentito l'insediarsi di sentir urbani.
Diversamente da altre paludi malsane, dice Vitruvio, qui la combinazione di maree e la presenza di canali naturali e artificiali (fossae) permette che i "flutti entrino ed escano mantenendo mosse e pulite le paludi costiere, impedendo il riprodursi di animali palustri spesso nocivi".
Strabone e Venezia
Se Vitruvio scriveva nell'epoca di Cesare, Strabone è contemporaneo ad Augusto. Il geografo ed etnografo greco si interessa alla peculiare fisionomia delle Venezie ed annota come tutta la regione abitata dai Veneti, sia particolarmente ricca di corsi d'acqua e come nella striscia costiera vi sia una vasta palude spazzata dal flusso e riflusso delle maree.
"Grazie ad una regolamentazione delle acque mediante canali e argini", scrive "una parte di quei luoghi venne prosciugata e resa fertile mentre l'altra è aperta alla navigazione.
"Delle città, poi, alcune sono come isole, altre sono in parte toccate dall'acqua e quelle che si trovano al di là delle paludi hanno collegamenti fluviali degni di ammirazione."
Nascita di Venezia, tra miti e leggende
452 - Invasione degli Unni in Italia
Nella primavera del 452 Attila guida gli Unni in Italia e distrugge Aquileia (è il cosiddetto "sacco di Aquileia"), Concordia ed Altino. Grado, antico scalo di Aquileia, diventa prima un rifugio temporaneo e poi stabile dimora degli aquileiesi. Inizia il grande esodo verso la laguna e gli arcipelaghi di isole veneziane che fino a quel momento sono solo scarsamente popolate.
537 - Lettera di Cassiodoro su Venezia
"Qui voi, alla maniera degli uccelli acquatici, avete la vostra casa (...) Un'unica risorsa hanno gli abitanti: quella di mangiare pesci a sazietà (...) Tutto il loro sforzo è rivolto alla produzione del sale: invece di aratri e felci fate rotolar dei rulli, di qui viene ogni vostro provento (...)"
Cassiodoro, il ministro Romano di Re Teodorico, descrive l'ambiente lagunare, una testimonianza che certifica la vita e l'attività quotidiana a Venezia: la navigazione, la pesca, l'attività delle saline. Nasce il mito della "diversità" di Venezia, la sua unicità rispetto al resto del mondo.
568 - Invasione dei Longobardi
I Longobardi invadono la pianura padana e l'Italia viene divisa, tranne le zone delle lagune costiere che rimangono protettorato dell'impero Bizantino. Il patriarca di Aquileia, Paolino, si trasferisce a Grado con le reliquie della della sua Chiesa.
639 - Iscrizione di Torcello
L'iscrizione di Torcello del 639 a cura del magister militum Maurizio dice che "su ordine dell'esarca Isacio (bizantino) fu edificata a opera del suddetto comandante militare che vi risiedeva, e su un terreno di sua proprietà, una chiesa dedicata a S.Madre di Dio, che fu consacrata dal vescovo Mauro".
La consacrazione della Chiesa è avvenuta probabilmente l'8 settembre del 639. L'iscrizione ci dice che:
- la laguna era un angolo di territorio bizantino
- era governata da un magister militum alle dipendenze dell'esarca d'Italia
- che la Chiesa fu edificata per ordine dell'esarca Isacio
Nella mappa a fianco si vede, in arancio, l'estensione dei territori sotto il dominio bizantino (tra cui la laguna veneta), mentre in blu si vedono i domini longobardi.
697 - Elezione del primo Doge
Secondo la tradizione nel 697 viene eletto il primo Doge, Paoluccio Anafesto.
Nei testi Veneziani si parla sempre di Duca secondo schemi fortemente autonomistici, considerandolo, dunque, non come un funzionario bizantino (come forse in effetti era) bensì come l'espressione di una volontà locale, svincolata da ogni sudditanza all'impero. La vera autonomia si può certificare solo nel 726 con l'elezione di Orso.
726 - Elezione di Orso
Nel 726, approfittando della Crisi tra Roma e Bisanzio (e quindi della perdita di autorità dell'esarca di Ravenna) i Venetici scelgono un loro due nella persona di un rappresentante della mobilità locale eracleense, di origine tribunizia, Orso (726-737).
Venezia mantiene comunque un buon rapporto con Costantinopoli dove Venetia veniva ancora considerata una provincia dell'impero.
810 - Pipino, figlio di Carlo Magno, attacca Venezia
Il Re d'Italia Pipino, figlio di Carlo Magno, attacca le lagune per sottometterle in quanto le reputa domini francesi. Venezia difende con ogni mezzo la propria indipendenza. L'amministrazione si sposta da Malamocco (più difficile da difendere) a Rivo Alto, al centro della laguna.
La storia tramandata e diventata leggenda narra della sconfitta dei franchi attirati con l'inganno nei bassi fondali della laguna e poi annientati in quello che diverrà il "canale orfano". Altre fonti attribuiscono la sconfitta dei franchi all'intervento di una flotta bizantina. Altre ancora raccontano di una sconfitta dei venetici che sarebbero stati conquistati e saccheggiati dai franchi.
Comunque sia il doge Agnello Parciciaco trasferisce la sede da Malamocco (più difficile da difendere) alle isola Rialtine in quello che diventerà Palazzo Ducale.
828 - ll corpo di San Marco
Jacopo Tintoretto: "il trafugamento del corpo di San Marco"
Il quadro fa parte di una serie di tre tele che erano contenute nella Scuola Grande di San Marco.
Il pittore fotografa il momento in cui i mercanti portano via il cadavere di San Marco (rappresentato intatto, non putrefatto) da una chiesa di Alessandria d'Egitto, salvandolo dal rogo a cui i conquistatori arabi lo avevano destinato. Questo avvenimento, raffigurato anche in altre opere, rappresenta la cosiddetta "translatio".
"Kanzir, Kanzir!!"
Leggenda vuole che per eludere i controlli degli arabi i due mercanti abbiano escogitato di nascondere i resti dell'evangelista sotto a delle pelli di maiale, viste le quali i doganieri si turarono il naso e voltarono dall'altra parte.
Nei mosaici della basilica si vede un soldato musulmano che urla "kanzir, kanzir" e cioè "maiale, maiale", mentre a destra sono raffigurati Tribuno e e Rustico intenti a caricare la salma del Santo nella nave che lo porterà a Venezia.
Storia o leggenda?
Nel 828 Rustico da Torcello e Tribuno (detto Buono) da Malamocco riescono a trafugare il corpo di San Marco dalla Chiesa Cristiana di Alessandria dove è custodito. I musulmani stanno conquistando l'Egitto ed i due veneziani convincono i sacerdoti Alessandrini a farsi dare la reliquia per preservarla dalla distruzione.
Leggenda vuole che riescano ad imbarcarla facendola passare sotto al naso dei soldati musulmani occultandola sotto a della carne suina. Altra leggenda vuole che il santo abbia protetto la nave durante una terribile tempesta nel viaggio di ritorno. Infine si dice che quando le spoglie arrivarono in città dovunque si sparse un delicatissimo odore di rose.
Uno dei quattro evangelisti - per secoli - garantirà a Venezia notorietà, fama e rispetto ed il simbolo che lo rappresenta, il leone, diventerà anche il simbolo della città prima e dello stato veneziano poi. Per contenere le reliquie fu costruita una delle più belle e ricche chiese del mondo: la basilica di San Marco
976 “Apparitio Sancti Marci”
Durante i tumulti del 976 le reliquie dell’Evangelista erano state nascoste in un luogo sicuro, così sicuro che se ne era persa la memoria, tanto che si temeva che fossero state rubate. È credibile che San Pietro I Orseolo, Doge dopo l’assassinato Pietro IV Candiano, abbia ben pensato di mettere le sante ossa al riparo da eventuali nuovi tumulti ed incendi. Comunque, dopo tanto tempo nessuno sapeva più dove fossero.
Il Patriarca indice una grande processione e un triduo di preghiera e digiuno: per tre giorni si recitano preghiere solenni con il Doge Vitale Falier, il popolo, i nobili e tutto il clero riuniti in Basilica quando improvvisamente avviene il miracolo: un pilastro della cappella di San Leonardo (oggi Santissimo Sacramento), una colonna caloprecia, cioè fatta di pezzi diversi tenuti assieme, si sgretola ed appare l’urna con le reliquie, mentre un soavissimo profumo si sparge per la Basilica. Una lampada accesa sul pilastro ancora oggi ricorda l’evento. Per molti anni si commemorerà l’evento e i diaconi sventoleranno in Basilica fazzoletti impregnati di acqua di rose per rinnovare il santo profumo. L’evento ha l’importanza di una seconda venuta dell’Evangelista a Venezia, tanto da coincidere con la consacrazione della nuova Basilica
999 - Guerra ai pirati narentani
1000 - Istria e Dalmazia
Nell'anno 1000 è documentata la spedizione del Doge Pietro Orseolo II contro i Dalmati per mettere fine alle frequenti operazioni piratesche nell'adriatico. L'impresa militare sortisce effetto positivo portando alla conquista di molti porti e località di Istria e Dalmazia.
Il doge, orgoglioso di questi risultati, si fregia del titolo di Duca della Dalmazia. L'evento viene (tutt'ora) ricordato con la festa dello Sposalizio del Mare.
Dalmazia. Bossoglina. Nel Torrione, sul prospetto Ovest, all'altezza delle finestre, un Leone Marciano andante (1500) verso destra regge un grande libro aperto con la consueta scritta. Poggia su terreno ed acqua mediante mensola. Sotto il bassorilievo è infisso comparto con scudo sagomato, sormontato da mitria, relativo al vescovo di Traù Francesco Marcello (14892-1523) che fece costruire la torre e fortificare il paese a difesa dei suoi possedimenti contro il pericolo turco.
1002 - Liberazione di Bari dai Saraceni
Bari insediata dai saraceni
Dal 847 al 871 Bari fu un emirato dei saraceni, dopo che questi scacciarono i Bizantini. Nel 871 finalmente Bari riuscì a liberarsi dai nemici saraceni, che, però continuarono ad assalirla e a tentare di conquistarla ancora per tutto il X secolo.
Il 15 agosto del 1002, durante la festa dell'Assunzione fu vista dalla torre del monastero di San Benedetto una stella inabissarsi nel mare. L’abate del monastero predicò alla folla che la città protetta dalla Madonna sarebbe stata salvata. E’ lo stesso monastero dove più tardi nel 1087, furono deposte provvisoriamente le ossa di San Nicola trafugato da Myra.
Una bandiera veneziana all'orizzonte
Quando ogni speranza stava ormai per cedere, il 18 ottobre del 1002 apparve all’orizzonte una potente flotta veneziana al comando del doge Pietro Orseolo II.
I Veneziani con l’appoggio dei Bizantini già alleati dal 992, nel giro di tre giorni fecero piazza pulita dei saraceni.
Per i Veneziani erano in ballo notevoli interessi strategici e la necessità di un avamposto commerciale e militare nel Basso Adriatico.
Lapide nel porto di Vieste
Nei giorni precedenti all’assedio dell’emirato, nel mese di Settembre, la flotta Veneziana fece sosta di fronte al porto di Vieste attorno all’isolotto di Sant’Eufemia (isolotto del faro). Sulla cavità di tale isolotto vi è una lapide che racconta l’aiuto della flotta veneziana alla città di Bari oppressa per terra e per mare dalle truppe saracene. In particolare riferisce l'entrata nel porto di Vieste di cento navi al comando del Doge Pietro Orseolo II avvenuta secondo la data bizantina del 3 settembre 1003.
Una chiesa ed una via
I Baresi furono grati ai veneziani, tanto che nel 1002-1003 costruirono la Chiesa di San Marco dei Veneziani su di una struttura bizantina del X secolo. Fu considerata a lungo simbolo di riconoscenza.
Alla chiesa era annessa la confraternita di San Marco. Ora ha il monastero è gestito dalla confraternita di S. Antonio da Padova.
A memoria della cacciata dei Saraceni, il 27 Maggio del 1897 la città di Bari intitolò a Venezia la storica via delle antica Mura, da dove si dice fosse stata avvistata la flotta della Serenissima.
Amicizia tra Venezia e Bari
Venezia mostrò riconoscenza e diede il nome Bari alla fondamenta del rio di San Nicolò dei Mendicoli, dalla sponda dove ora c’è l’università. Al Bacino Orseolo, una lapide ricorda il Doge e il fatto che «rotti i saraceni ridiede Bari a Bisanzio».
Nelle tradizioni popolari baresi fino agli anni Sessanta si teneva in via Venezia la festa della «Vidua vidue», si svolgeva a maggio nel giorno dell’Ascensione e coincideva con la cerimonia dello «Sposalizio del mare» o «Festa della Sensa», che tuttora si svolge a Venezia in memoria delle antiche glorie marinaresche durante il giorno dell’Ascensione di Cristo in cielo.
Fino al 27 ottobre 1991, al Petruzzelli di Bari era visibile il sipario opera di Raffaele Armenise (Bari 1852-Milano 1925) «Liberazione di Bari nel 1002 da parte dei Veneziani». L’opera fu distrutta dall’incendio del teatro.
Un litografia «Il doge Pietro Orseolo II soccorre Bari assediata dai Saraceni», realizzata da Francesco Zanotto nel 1856 è visibile al Palazzo Ducale di Venezia.
Colonie di Veneziani furono presenti in Puglia oltre il 1530, data della fine del dominio Veneziano nei vari porti pugliesi. I Veneziani in Puglia erano dediti al commercio, portavano a Venezia grano ed olio e vendevano in Puglia merce preziosa proveniente da ogni dove. A testimonianza della loro presenza ci sono alcuni edifici in stile veneziano, come il bellissimo palazzo Fizzarotti a Bari. Il veneziano Pietro Mocenigo fu inoltre sindaco di Lecce dal 1592 al 1609.
In piazza Mercantile a Bari si può inoltre vedere una colonna con a fianco un leone simile a quello della Repubblica di San Marco che la tradizione lega alla liberazione del 1002.
1081 - Imperatore Bizantino concede la "bolla d'oro" a Venezia
Da qualche anno, nel sud Italia, i Normanni spadroneggiano: definiti "fetentissima stercorario mundi", biondi e giganteschi, facevano più paura dei pirati saraceni. Avevano già sbaragliato le truppe del papato quando, con veloci incursioni, misero sotto assedio Durazzo nella costa balcanica. L'imperatore Bizantino, Alessio Comneno, cercò alleati per impedire ai Normanni di assediare i suoi territori e trovò aiuto a Venezia. L'armata Veneziana agli ordini del Doge Domenico Selvo si presenta a Durazzo e sbaraglia i Normanni. Notevole la strategia navale adottata dai veneziani che uniscono più navi per creare un porto galleggiante dal quale bombardare, da posizione più elevata, le navi normanne. Le battaglie si susseguono, con sconfitte dei veneziani (e abdicazione del Doge Domenico Selvo) fino alla vittoria del nuovo doge Vitale Falier che ottiene, con la bolla d'oro del 1082, l'esenzione da qualsiasi imposta per i commercianti veneziani.
1097 - Dedizione spontanea di Traù
Traù si sottomette spontaneamente al Doge Vitale Michiel I, iniziando la serie di dedizioni spontanee che costituirono il più importante impulso all'allargamento dello Stato Veneziano.
1100 - Le scuole
Di fatto e per tutta la durata della loro vita e ancora ai giorni nostri, le Scuole Grandi erano completamente staccate da qualsiasi ingerenza di carattere religioso e da qualsivoglia controllo della chiesa e del Papa. Si voleva, in tal modo, vietare che la Santa Sede avesse la possibilità di mettere mano, impossessarsi, delle ricchezze delle confraternite e poterne disporre a proprio piacimento.
1110 - San Giovanni d'Acri
La prima crociata, nel 1100, vede Venezia svolgere il servizio navale dall'Europa al Medio oriente. I Veneziani non furono mai crociati entusiasti e posero, come condizione per la partecipazione alla crociata, che gli fosse concesso libertà di commercio nei domini del Re di Gerusalemme.
Dieci anni dopo il doge Ordelaffo Falier portò una seconda flotta in Palestina. Anche in questo caso a fronte dell'aiuto a Re Baldovino di Gerusalemme per prendere Sidone (presa, nel 1110 da parte dei Cristiani) Venezia ottiene il possesso di una parte della città di San Giovanni D'Acri che divenne subito una delle basi del commercio veneziano proteso verso il levante e nuove concessioni commerciali.
Insomma la promessa di un aureola in caso di martirio in battaglia contro l'infedele era meno allettante della garanzia di una ricompensa materiale in termini di libertà di commercio.
1100 - Santo Stefano a San Giorgio Maggiore
A partire dall'anno 1110 e fino alla caduta della Repubblica, tutti gli anni in questo giorno il Doge presenziava ai Vespri nella chiesa di San Giorgio Maggiore, a ricordo della Crociata durante la quale il Doge Ordelafo Falier aveva portato a Venezia e depositato in quella chiesa il corpo lapidato di Santo Stefano, la cui festa ricorreva il giorno successivo.
1125 - Riconquista di Traù e di Spalato
1126 - Nuova "Bolla d'oro" concessa ai Veneziani
L'imperatore Bizantino Alessio Comneno riconferma con una nuova bolla d'oro i privilegi già garantiti ai veneziani in cambio della protezione dai Normanni e dai Saraceni nelle acque mediterranee.
1141 - Fano diventa protettorato di Venezia
Nel 1141 la città di Fano, nelle Marche, dovette far atto di sottomissione in cambio della promessa di aiuto militare fino alla linea ideale tracciata fra i porti di Ancona e di Ragusa.
Fano diventa protettorato di Venezia nel 1141. Le due città firmano un trattato di amicizia, patto che durerà circa due secoli, dopo di che, come tutti i territori limitrofi, dovette assoggettarsi allo Stato della Chiesa.
1145 - Sottomissione di Pola e Capodistria
Nel 1145 vengono firmati accordi di sottomissione con Pola e Capodistria. Tra le condizioni imposte da Venezia:
- un rappresentante permanente del doge avrebbe dimorato, d'ora in poi in un palazzo in vista del porto
- si dovranno rispettare le disposizioni dogali sul commercio dei grani
- esenzione doganale per i commerci
1162 - Il Barbarossa contro Venezia
Federico Barbarossa, salito al trono del Sacro Romano Impero germanico nel 1152 dimostra fin da subito le sue mire espansionistiche sulla penisola italica. Nel 1162 il Barbarossa da il via ad un'azione militare volta alla sottomissione di Venezia che viene condotta assieme alle città vicine a Venezia: Verona, Padova e Ferrara. L'attacco riesce e le città alleate del Barbarossa occupano Cavarzare imprigionando i Veneziani. La città lagunare reagisce prontamente riconquistando Cavarzare ed occupando anche Adria e Ariano. La diplomazia veneziana, nel frattempo, cerca alleati contro il Barbarossa.
Quest'ultimo fece inviare una flotta da Aquileia per conquistare Grado, ma anche in questo caso l'azione fu annullata dalla flotta veneziane.
In contemporanea Treviso, altra città alleata dei germanici, tentò di occupare Caorle, anche qui senza riuscirvi.
Il Barbarossa ritornò in Germania e per qualche anno abbandonò l'idea di conquistare Venezia.
1164 - Lega dei comuni Veneti contro il Barbarossa
La diplomazia veneziana riesce a creare una lega di comuni veneti diretta da Venezia e composta anche da Padova, Vicenza, Verona e Treviso alleati contro il Barbarossa. Quest'ultimo, contrariato, scende in Italia e chiede alle città alleate, specie in Lombardia, di affiancarlo per punire le città ribelli. Tentò sia lo scontro diretto, sia di organizzare una congiura a Verona, che però fu sventata. Infine su costretto a ripiegare e a tornare in Germania.
Qualche anno dopo, nel 1167 altre città si unirono alla Lega Veneta. Tra febbraio e marzo del 1167 le città di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova e, dopo qualche settimana, anche Milano si riunirono a Pontida dando vita alla Lega Lombarda, presenti anche i rappresentanti della Lega Veronese.
Venezia garantì alla Lega anti Barbarossa l'appoggio della propria flotta.
1166 - Bisanzio (Manuele Comneno) contro Venezia
Nel mentre, in Italia, Venezia e le città alleate della lega Veneta e Lombarda affrontavano il Barbarossa, l'imperatore Bizantino Manuele Comneno aveva mire espansionistiche nell'adriatico sia nella costa slava che in quella italica. Nel 1167 riesce ad occupare i territori interni di Dalmazia, Croazia e Bosnia, detenuti prima dall'Ungheria (nemica storica di Venezia) e prende di mira Ancona. Quando chiede l'appoggio di Venezia per occupare il sud Italia, la città veneta glielo nega per non andare in contrasto con la corte siciliana. I rapporti si fanno molto tesi ed ai veneziani presenti a Bisanzio viene consigliato di rientrare in patria. Incredibilmente, nel 1170 Manuele Comneno invita i Veneziani a riprendere le relazioni promettendo, addirittura un monopolio commerciale. Moltissimi commercianti ritornano a Bisanzio, con una grande quantità di denaro, armi e navi. Ma è una trappola...
1167 - Lega di Pontida contro l'imperatore
Dicembre 1167. A Pontida, nella provincia di Bergamo, si ha il celebre “Giuramento” che coalizza tutte le città del Veneto e di una piccola parte della Lombardia, contro gli imperiali di Federico Barbarossa.
I rappresentanti di Venezia, Verona, Vicenza, Padova,Treviso, Ferrara, Brescia, Bergamo, Mantova, Cremona, Milano, Lodi, Piacenza, Parma, Modena, Bologna, Novara, Vercelli, Reggio, Asti e Tortona, costituiscono la cosiddetta "Lega lombarda" (ma sarebbe più giusto chiamarla “Lega Lombardo-Veneta") e giurano di difendere queste città e tutte le persone ed i luoghi che compongono questa lega dall'imperatore Federico Barbarossa.
I veneziani inoltre si impegnano ad aiutare la causa comune con le loro navi tanto sui fiumi quanto sul mare.
1171 - Sequestro dei beni dei Veneziani a Costantinopoli
Nel 1150 sono più di 10.000 i Veneziani che risiedono a Costantinopoli: una cifra davvero incredibile che fa di questa città il vero e proprio cuore del commercio della Serenissima. Le continue scaramucce con Genovesi e Pisani sfociano nella distruzione nel 1171 del quartiere Genovese attribuita, dall'imperatore Bizantino Manuele Comneno, ai veneziani che si proclamano innocenti.
La polizia arresta i mercanti della serenissima e sequestra tutti i loro beni: è un colpo di mano ben pianificato che coglie al volo l'occasione di impadronirsi delle ricchezze che i veneziani sfoggiavano con orgoglio. I tentativi del Doge di ripristinare la situazione con ripetute missioni diplomatiche falliscono al punto che in una insurrezione viene pugnalato a morte.
Ai veneziani non rimase che intensificare le operazioni commerciali sugli altri mercati presidiati, specie ad Alessandria, Tiro, Ceuta ed altri porti del mediterraneo orientale.
1172 - Venezia ed il Barbarossa ad Ancona contro Manuele Comneno
Nel 1172 la squadra navale Veneziana è ad Ancona, sotto le mura, ad assediarla assieme all'imperatore tedesco, quel Federico di Hofenstaufen, detto il Barbarossa che solo pochi anni prima era un nemico della serenissima. Venezia si è alleata con il Barbarossa per togliere Ancona dall'influenza di Manuele Comneno, l'imperatore Bizantino, diventato ora il principale nemico dei veneziani.
Ancona non viene conquistata ma questa alleanza metterà Venezia in una posizione favorevole per aiutare a risolvere l'annoso conflitto tra impero tedesco e papato: i due contendenti proprio a Venezia troveranno un accordo.
1172 - Si tenta la vendetta: rotta verso Bisanzio
Secondo alcune fonti i prigionieri veneziani in mano dell'imperatore Bizantino furono almeno 10.000. Altre indicano un numero vicino ai 20.000. La cifra precisa non è dato saperla ma si sa che le prigioni dell'impero non erano minimamente sufficienti per contenerli tutti e vennero rinchiusi in conventi e monasteri. Alcuni riuscirono a fuggire, ma furono pochi quelli che riuscirono ad imbarcarsi e ad arrivare a Venezia.
I loro racconti suscitarono un tale sdegno che la città corse immediatamente alle armi e in 4 mesi approntò una flotta di 100 navi che si diressero verso Costantinopoli, facendo prima tappa a Traù, città soggetta all'imperatore che fu conquistata e saccheggiata. Stesso destino toccò ad un altra città bizantina Ragusa in Dalmazia.
Infine la flotta arrivò in Eubea dove inviati imperiali che promisero la restituzione dei beni sequestrati e la liberazione dei prigionieri, ma era un tentativo dell'imperatore bizantino di prendere tempo. Gli inviati veneziani tornano senza esser stati ricevuti dall'imperatore.
Passano i mesi e la flotta si sposta a Chio dove si scatena una pandemia che miete diverse vittime nell'esercito veneziano. Continuano le ambasciate ma e le promesse, fino a che l'inviato veneziano, il futuro doge Enrico Dandolo, venne ricevuto dall'imperatore e fatto accecare.
Alla flotta, che nel frattempo è stata e sconfitta dal morbo, non resta che far vela verso Venezia inseguita e attaccata dalle navi bizantine. Una sconfitta talmente umiliante che a pochi giorni dal rientro delle navi, il Doge viene assassinato.
1177 - Alessandro III e il Barbarossa a Venezia
La "Pace di Venezia"
Il 24 Marzo del 1177 sbarca, a San Nicolò del Lido, il Papa Alessandro III ed il giorno dopo celebra in Basilica la festa dell'annunciazione (che coincide con la nascita leggendaria di Venezia).
Dopo schermaglie, dialoghi e tentativi di accordo, finalmente il 24 Luglio Federico Barbarossa, accompagnato dal Doge e dal Patriarca, arriva fino alla Basilica. Nell'atrio sedeva il Papa e Federico si inginocchiò per baciargli il piede. Il Papa lo rialzò lo abbracciò e scambio con lui il bacio di pace.
Per Venezia è un successo diplomatico senza paragoni che garantirà rispetto e prestigio: il conflitto è definitivamente chiuso grazie all'opera di mediazione dei veneziani.
1178 - Si costituisce il Minor Consiglio
Il Doge e 6 sapientes
Il Minor Consiglio sorse, non diversamente dal Maggiore, dai «Sapientes», posti dall'aristocrazia rialtina accanto al Doge.
E' però, incerto l'anno della sua nascita; probabilmente fra il 1172 e il 1178. I Consiglieri, eletti in Maggior Consiglio in numero di due, diventarono in seguito sei, uno per sestiere. L'eletto non poteva, sotto gravi pene, rifiutare la carica; durava in ufficio un anno ed era sottoposto ad una contumacia d'altrettanto, portata poi a 16 mesi. Dalla nomina a Consigliere erano esclusi i parenti del Doge e dei suoi figli.
La serenissima signoria
Al Minor Consiglio fin dai primi anni della sua costituzione dovettero essere aggregati i Capi dei Quaranta, chiamati pure in certi casi a compiere le funzioni dei Consiglieri mancanti.
Consiglieri e Capi di Quaranta insieme formano la Signoria (Dominium).
Moderare il potere del Doge
Funzione principale del Minor Consiglio era quella di moderare l'autorità del Doge, assisterlo e consigliarlo. Durante la vacanza ducale il governo si restringeva nelle sue mani; curava gli affari in corso e presiedeva alle operazioni per la nomina del nuovo Doge e uno dei Consiglieri, che non fu sempre il più anziano, assumeva le funzioni di Doge (Vice Doge).
Altre funzioni
Ma ancora più importanti erano la funzione di presiedere insieme al Doge - con cui quasi si confondeva - tutti i consigli della Repubblica. Connesso a questo potere, era quello di convocare il Maggior Consiglio quando lo ritenesse opportuno; poteva farlo anche un solo consigliere.
Il minor consiglio attendeva all'amministrazione della capitale, vigilando sull'attività dei pubblici ufficiali e curando l'elezione dei nuovi.
Risolveva i conflitti di competenza che fossero sorti tra organi sia amministrativi che giudiziari, e indicava, in caso di dubbio, quale fosse il tribunale competente, prima ancora che il conflitto si manifestasse.
Funzioni limitate o abolite
Una limitata competenza in materia finanziaria, la facoltà di disporre del danaro pubblico fino a 10 libbre di oro, fu abolita nel 1441. E alcuni anni dopo, nel 1446, il Minor Consiglio doveva rinunziare all'altra, importantissima, funzione: quella di interpretare autenticamente le leggi.
1192 - La prima "promissio" Dogale
Il primo giuramento prestato al Comune di Venezia è probabilmente quello di Domenico Morosini anche se il contenuto non è noto. A questo giuramento venne sovrapposta una promissio, la prima a noi nota è quella giurata nel 1192 dal Doge Enrico Dandolo.
Vediamo alcuni dei contenuti di questa promissio:
"Il Doge non deve esigere alcun servizio o prestazione fra quelle spettanti al comune; i beni ed i redditi del comune possono essere assegnati a singole persone solo con l'approvazione della maggiora parte del consiglio; gli introiti derivanti dalla tassa del quadragesimo (2,5%) riscossa dai visdomini del comune, saranno ripartiti per due quote al duca, per la terza ai visdomini stessi mentre il duca non avrà alcun diritto di percezione o di controllo sulle altre entrate."
"Il Doge si impegna a rispettare e a far eseguire le sentenze dei giudici a meno che queste non siano modificate per intervento della maggior parte del consiglio. Nel caso in cui vi fosse discordia fra i giudici egli potrà fare prevalere la pare meloi. I giudici non possono essere nominati prescindendo dalla procedura elettiva. A loro deve essere affidata l'inchiesta anche in merito ad offese ricevute dal Duca. Divieto di inviare ambascerie e stabilire contatti epistolari con pontefici, imperatori ed altri senza l'approvazione del consiglio.".
L'autorità del Doge, come si evince, è subordinata a quella del consiglio e dei giudici.
1194 - Conio del Grosso d'Argento
Dal 1194 viene coniato a Venezia il grosso d'argento che per tutto il XIII secolo fu la moneta dei grandi scambi e che diventò la base del nuovo multiplo della "lira dei grossi".
Il grosso era equivalente a 26 denari, un rapporto destinato a cambiare in base alla valutazione dell'argento. Per alcune operazioni di finanza pubblica l'impiego del Grosso divenne obbligatorio.
1199 - Si organizza la quarta crociata
L'idea della quarta crociata
La quarta crociata fu ispirata e progettata da Papa Innocenzo III che predica la riconquista di Gerusalemme in mano, da una decina d'anni, a Saladino. Il Papa promise la remissione dei peccati per chi avesse preso la croce. Fu soprattutto la Francia, pervasa da un'esplosione di fervore religioso, ad accogliere la chiamata del Papa. Si decise che la crociata sarebbe stata guidata da Tebaldo di Champagne, scelta gradita a Innocenzo III.
L'aiuto di Venezia
Venne deciso di attaccare Gerusalemme dall'Egitto, prendendo i Saraceni dal fianco ma per far questo occorreva per forza andare via mare e nessun paese possedeva una flotta con il numero di navi che si ipotizzava sarebbe stato necessario. Venne incaricato Goffredo di Villehardouin di trattare con la città lagunare, l'unica che possedeva le risorse e la competenza necessaria per armare in breve tempo una grande flotta.
Enrico Dandolo ed i termini del contratto
In quegli anni il Doge era l'anziano Enrico Dandolo, secondo alcuni addirittura ultra-ottantenne. Il Doge chiese ed ottenne la sottoscrizione di un contratto vincolante a fronte del quale Venezia avrebbe fornito navi ed approvvigionamenti per 4500 cavalieri e cavalli, 9000 scudieri e 20.000 fanti. Il tutto a fronte di un compenso di 85.000 marchi d'argento. Come "caparra" Goffredo versa al Doge 2.000 marchi e pretende che tutto sia pronto per il 29 Giugno del 1202.
Troppo ottimismo e troppi debiti
L'intera città si mette in moto per riuscire ad adempiere a quanto richiesto ma ben presto appare evidente che la stima del numero di partecipanti era stata troppo ottimistica ed il debito contratto con il Doge sarebbe stato impossibile da pagare. Nel frattempo il comandante della crociata Tebaldo di Champagne muore e viene proposto, come successore Bonifacio Marchese del Monferrato.
Alessio Angelo, Costantinopoli e il papa
Bonifacio incontra il giovane Alessio Angelo (futuro Alessio IV) il cui padre, Isacco II, era stato spodestato dal trono di imperatore di Costantinopoli, accecato ed imprigionato in un colpo di stato nel 1195 organizzato dal fratello dell'imperatore. Il giovane Alessio cercava, in Europa, appoggi militari (specie dal fratello Re Filippo di Svevia) per restaurare il padre sul trono. Alessio chiese a Bonifacio di aiutarlo promettendogli una ricompensa ed entrambi chiesero il permesso al Papa per effettuare una "deviazione" a Costantinopoli. Ma il Papa rifiutò: bisognava puntare direttamente sull'Egitto. Ma nonostante l'opposizione del papa la storia prese, per una serie di circostanze, un'altra direzione.
Le navi sono pronte ma mancano i soldi
Nel 1202, come accordato, i veneziani mettono a disposizione le navi allestite ma all'appuntamento si presenta meno di un terzo dei soldati che erano stati previsti. Alla somma concordata mancano 34.000 marchi d'argento.
A questo punto il doge Dandolo propone ai crociati di aiutare Venezia a conquistare il porto di Zara ed in caso di accettazione promette di dilazionare il saldo del debito. Zara era stata riconquistata dal Re d'Ungheria (cristiano) ed il papa aveva espressamente proibito lo scontro tra tra cristiani. I crociati erano annoiati e ansiosi di battersi e non sembravano esserci molte alternative per cui, una domenica di Settembre il doge stesso annunciò che avrebbe preso la croce e sarebbe partito con i crociati.
1202 - Riconquista di Zara
Nel 1202 i crociati iniziarono a radunarsi a Venezia per partire per la IV Crociata. Del trasporto si occuperà, nuovamente, la flotta veneziana. Ma i crociati sono in minor numero rispetto al previsto e non dispongono di denaro a sufficienza per pagare il viaggio. Il Doge Enrico Dandolo li convince a fare tappa a Zara, che si era ribellata, in cambio della dilazione del saldo. I crociati accettano e la riconquistano per conto di Venezia.
Zara: Porta di Terraferma
Al centro Leone Marciano andante verso sinistra con muso frontale lievemente inclinato a destra e fauci dischiuse (su disegno di Paolo Sanmmicheli? 1543). La fiera dal nobile portamento regge libro aperto con scritta consueta, ed ha ali parallele di cui quella in secondo piano appena visibile. Poggia su acqua e terreno piatto. Delle due zampa già distaccate dal fondo quella posteriore occultava parzialmente la coda che era distesa ma con ciuffo terminale sollevato.
La scultura era in ottimo stato di conservazione, non aveva subito danni con l'avvento dell'armata popolare jugoslava il 31 ottobre 1944 né nel periodo immediatamente successivo, fino al 14 ottobre del 1953, allorché fu sfigurata da elementi studenteschi nel corso di una manifestazione politica per la crisi di Trieste. In quell'occasione fu completamente sbrecciato il muso e asportata la zampa posteriore distaccata dal fondo assieme alla coscia e alla coda; mentre danni riportava pure l'ala in primo piano, stranamente risparmiato fu invece il libro.
1202 - Il Papa scomunica i crociati
Tutti scomunicati!
I crociati arrivarono a Zara il 10 di Novembre e dopo 5 giorni conquistarono Zara e la città fu messa a sacco. I veneziani si sistemarono nel porto mentre il resto dei crociati alloggiarono nella fortezza.
Il papa, saputo della deviazione effettuata nonostante il suo divieto, dispose l'immediata scomunica per tutti i responsabili della crociata.
La situazione, infatti, era intollerabile perché il Re d'Ungheria, a cui Zara era appena stata sottratta, era uno dei principali sostenitori della Quarta Crociata.
Venezia è la responsabile!
I crociati inviarono dei delegati al papa che chiesero perdono e spiegarono le motivazioni per cui erano stati costretti ad agire in quel modo. Il papa, allora, si lascio convincere ad assolverli a patto che obbedissero solamente a lui in futuro e non ai veneziani. Questi ultimi vennero considerati i veri responsabili di questo scontro tra cristiani ed il papa ritirò la scomunica a tutti tranne che al Doge ed ai suoi concittadini.
Le trame tra Bonifacio e Alessio
Bonifacio, il capo della crociata, era arrivato a Zara solamente dopo per cui era "assente giustificato". Si era assentato per prendere accordi con Alessio Angelo il quale aveva promesso, in caso di aiuto a rimettere sul trono il padre a Costantinopoli, che avrebbe saldato tutti i debiti con Venezia oltre a dare 10.000 uomini per un anno e 500 uomini a cavallo per la guerra in Terrasanta. Come vedremo queste saranno promesse da marinaio.
Alessio IV viene rimesso sul trono dai Veneziani
In quell'anno Alessio IV, figlio dell'imperatore Isacco II di Costantinopoli, chiede l'aiuto alla flotta crociata per essere rimesso al trono. Alessio era stato spodestato dai parenti.
In cambio di una ricompensa economica i Veneziani accettano e si recano a Costantinopoli che conquistano. Alessio IV torna ad essere imperatore ma non mantiene le promesse. Non corrisponde la ricompensa economica per l'aiuto ricevuto e fa cacciare in malo modo Veneziani e Crociati.
Secondo attacco a Costantinopoli
Si decide allora un secondo attacco armato alla città che, nuovamente, capitola e che viene saccheggiata dai conquistatori il 12 Aprile del 1204.
Il vecchio Doge Enrico Dandolo spedisce a Venezia una flotta di navi carica di bottini e di gloria, tra cui i celeberrimi cavalli della Basilica di San Marco. L'Impero Romano d'Oriente finisce e lascia il posto all'impero Latino d'Oriente alla cui guida Venezia rinuncia, preferendo vantaggi commerciali e accordi mercantili.
Baldovino Conte di Fiandra e di Hainault viene incoronato Imperatore a Costantinopoli. L'impero latino iniziato nel 1204 è destinato a durare fino al 1261.
Privilegi per Venezia
A Venezia, in base al Trattato con i Crociati, spettano tre ottavi della Capitale e dei Territori, oltre al libero commercio in tutte le aree di influenza dell'intero Impero; da questo privilegio sia Pisa che Genova rimasero escluse.
Opere d'arte a Venezia
Molte delle opere che ancora oggi possiamo ammirare nella Città lagunare le dobbiamo alla presa di Costantinopoli del 1204. Molti rimproverano ai Veneziani di aver trafugato questi tesori. Va detto che a differenza degli altri conquistatori i Veneziani non distrussero opere d'arte proprio per il loro amore per l'arte e preferirono portarle in laguna. A posteriori va loro il merito di averle salvate, così facendo, dalla furia distruttiva degli ottomani che nel 1453 conquistarono Costantinopoli e non ebbero pietà nemmeno per chiese meravigliose come quella dei Santi Apostoli (a cui si ispira la Basilica di San Marco) che fu rasa al suolo per costruire una Moschea.
1204 - Creta
Bonifacio di Monferrato cede Creta a Venezia nel 1204. All'inizio i Veneziani incontreranno dure resistenze da parte della popolazione locale e solo nel 1234 Venezia riuscirà ad imporsi prendendo in modo definitivo il controllo dell'isola. Nel link che segue scoprirai testimonianze veneziane, Leoni ed architetture nella Creta di oggi.
Approfondimento:
L’isola di CANDIA (Creta) era stata donata, nel 1204, al marchese Bonifacio di Monferrato, comandante in capo della 4° crociata, dall’imperatore bizantino, Angelo Alessio il Giovane, come ricompensa per aver aiutato ad imporsi come imperatore di Bisanzio. Lo stesso anno il Bonifacio la cedette alla Serenissima in cambio di 1000 marche d’argento, pari a circa 2 quintali.
Il senato Veneto inviò subito Giambattista Tiepolo “… uomo per prudentia et per autorità illustrissimo, et fu il primo che Candia resse il regimento ducale…”.
Venezia diede all’isola una struttura politica sul suo modello e attivò un tessuto sociale che garantisse una relativa stabilità: il governo dell’isola veniva affidato ad un Duca, risiedente nella città di Candia. Il suo compenso era di 1000 ducati, e come era previsto anche per il Doge gli era proibito ricevere regali, avviare commerci e il suo numero di cavali era sotto controllo.
L’intera isola era stata divisa in 122 feudi destinati a altrettanti nobili veneti, che potevano venderli permutarli o donarli. Tutto ciò a scapito degli antichi signori feudali locali, i quali vennero defraudati dai loro antichi possedimenti.
Ed è qui che va ricercata il vero motivo delle continue rivolte contro Venezia. Solo nel 14° secolo l’isola conosce una relativa tranquillità stabilità di governo, in quanto migliorarono i rapporti tra latini e greci, contribuendo cosi allo sviluppo del commercio e dell’agricoltura, con la nascita di una classe borghese composta da mercanti, artigiani, artisti cretesi.
Il tutto coincideva con la caduta dell’impero d’ occidente per mano dei turchi nel 1453, che tolse in parte l’aspirazione ai Cretesi di ricongiungersi con Bisanzio mentre Venezia entrava nel suo massimo splendore e potenza.
Centro del commercio era naturalmente la capitale, con il suo porto attrezzato e ampio, la cui funzione principale era la difesa in quanto in grado accogliere 60 galee. Lo stesso era fornito di un cantiere navale e di un arsenale di tutto rispetto.
Ben presto però l’isola entro nell’orbita delle conquiste turche, il pretesto di una invasione avvenne per la cattura di una nave di pellegrini diretta alla Mecca da parte dei cavalieri di malta.
I turchi impontarono una flotta composta da 100 navi da battaglia e di 350 navi di trasposto, sbarcando il loro esercito di 50.000 sulla spiaggia di La Canea (Chanià). La fortezza resistete per 2 mesi agli assalti alla fine si arrese e gli fu concessa l’onore delle armi.
Quindi fu la volta di della fortezza di Retimo (Rethymno) e anche questa dopo pesanti assalti cedette… nel 1648 quasi tutta l’isola era in mano turca ad esclusione di Candia e delle isole di Gramvousa, Suda e Spinalonga.
L’assedio della sola fortezza Candia durò 20 anni - dal 1650 al 1669 - e alla difesa parteciparono tutti, compresa la popolazione e il clero ortodosso.
Ma già alla fine del 1667 la città era oramai distrutta dai cannoneggiamenti, affamata dalla penuria dei viveri, mentre i turchi erano logorati da una guerra che durava da più di 20 anni e furono quest’ultimi a cambiare strategia: misero a capo de loro esercito il “gran capitano del mare” Vizier Ahmet Koprulu, mentre Venezia mandò il “capitano general da mar” Francesco Morosini… ma il colpo di grazia lo dette un traditore il veneziano Andrea Barozzi che forni al nemico i punti chiave e più deboli della città fortezza di Candia… che costrinse così il Morosini a capitolare.
Ai veneti furono accordati 12 giorni par lasciare la città con il permesso di trasportare i loro averi. Nel capitolato di resa fu inclusa una nota importante, i veneziani potevano anche trasportare tutto l’archivio del regno di Candia.
Non bastarono solo per questi i cinque bastimenti messi a disposizione.. di certo sappiamo che solo tre giunsero a destinazione e formano il fondo ben nutrito sul regno di Candia presente in archivio di stato.
Venezia comunque mantenne ancora il controllo di alcune isole da tempo trasformate in fortezze: Spinalonga, Suda (tutt’ora base militare) e Gramvousa. Isole che perdette solo con la seconda guerra di morea
1206 - Corfù
Nel 1204, con la conquista di Costantinopoli, Corfù venne assegnata a Venezia che riuscirà ad impadronirsene solo nel 1206. Ma fu una breve parentesi perché nel 1214 l'isola passa sotto il controllo di un despota (Niceforo Ducas). Tornerà Veneziana nel 1386 quando la flotta veneziana la metterà sotto assedio ottenendone la resa e la dedizione. L'isola godrà di ampi benefici ed i Veneziani si accordarono con l'aristocrazia locale per governare il territorio che rimarrà parte della repubblica di Venezia fino alla caduta per mano di Napoleone.
1206 - Modone
La città di Modone è situata sulla costa Ionica del Peloponneso ed è stata una conquista strategica per la Serenissima che tentò di occuparla nel 1125 per poi riuscirci nel 1206. La repubblica vi costruì una fortezza e presidiò l'isola fino al 9 Agosto del 1500 quando i Turchi riuscirono a conquistarla.
Fino al 1500 Modone fu uno scalo quasi obbligato per le spedizioni veneziane da e per il Levante. Il Morosini riuscì a riconquistarla nel 1686 e scacciò i Turchi e Modone ritornò ad essere Veneziana come tutta la Morea (Peloponneso).
Ma fu una conquista effimera: nel 1715, con la firma della pace di Passarowitz, dopo una nuova guerra Turca contro Venezia, Modone tornò ad essere di dominio turco.
1207 - Santorini
Giacomo Barozzi, nobiluomo Veneziano, partì alla conquistata delle isole di Santorini e Teresia nel 1207, isole di importanza strategica per il commercio veneziano.
Il nome "Santorini" si deve proprio a Giacomo che lo scelse in onore di Santa Irene. L'isola rimase principato veneziano fino al 1576 quando fu conquistata dal Sultano Ottomano Solimano il Magnifico.
1208 - Corone
Corone divenne Veneziana nel 1204, poi passò ai Genovesi nel 1208 e nello stesso anno fu riconquistata dai Veneziani. Corone e Modone venivano chiamate dai Veneziani "gli occhi di Venezia" per la loro posizione strategica.
Nel 1500 Corone si arrese ai Turchi, come per Modone fu riconquistata da Francesco Morosini per poi essere nuovamente persa con la pace di Passarowitz.
1258 - Guerra tra Genova e Venezia ad Acri
I pilastri acritani, trofeo della guerra di San Giovanni d'Acri, portati a Venezia e posti di fronte a quello che era l'ingresso sud della Basilica di San Marco.
Le due repubbliche possedevano entrambe ampi quartieri a San Giovanni d'Acri, capitale del Regno di Gerusalemme e condividevano la chiesa-monastero di San Sabba.
Nel 1256 i Genovesi tentarono di estromettere i Veneziani da San Giovanni d'Acri affondando, nel contempo, alcune galee veneziane presenti in porto. Venezia, non ottenendo immediato ristoro dei danni, inviò le galee veneziane in zona ad Acri. La flotta veneta forzò il porto, spezzando la catena che ne proteggeva l'accesso, e distrusse tutte le navi genovesi presenti, bruciando anche il quartiere genovese.
Gli scontri navali con atti di "pirateria" perdurarono nei 2 anni successivi fino allo scontro definitivo che avvenne il 24 giugno 1258 con la battaglia d'Acri, che portò alla cattura da parte dei Veneziani, di 25 galee genovesi e la conseguente nuova distruzione/saccheggio dei loro magazzini. Questa battaglia segnò la fine di ogni possibile collaborazione tra Genova e Venezia che sfocerà cento anni dopo nella famosa guerra di Chioggia.
1267 - Parenzo
Nel 1267 Parenzo divenne parte del territorio controllato dalla Repubblica di Venezia, situazione che si protrasse per oltre cinque secoli fino al 1797 con la resa a Napoleone. Durante questo periodo, tra le altre cose, fu costruito il faro sull'isola di San Nicolò la quale si trova di fronte alla città. A quei tempi, con un’altezza di 15 metri, era il faro più alto sul mare Adriatico.
1271 - Corporazione dei fabbricanti di botti, i "boteri"
Nel 1271 viene costituita l' ARTE DEI BOTERI, cioè la corporazione dei fabbricanti di botti. Le botti venivano usate prevalentemente per produrre e custodire il vino, settore che a Venezia non conobbe momenti di crisi. Le botti di legno erano prevalentemente di rovere ed i "boteri" necessitavano di approvvigionarsi di materia prima che arrivava in laguna, dai fiumi, sotto forma di "zattere". Il legname veniva poi lavorato dagli artigiani in città presenti in diverse zone come testimoniano i nizioleti che, ad esempio, identificano la calle "Barbaria dele Tole": zona in cui i falegnami piallavano le tavole rendendole lisce. Insomma, facevano "la barba ale tole".
1283 - Rovigno, dedizione
Il 14 Giugno del 1283 avvenne la dedizione di Rovigno alla Serenissima. Nella dedizione si prometteva di accettare per Podestà un nobile veneziano, pagandogli un'annua provvigione e fornendo vitto e alloggio anche per il suo seguito. Da quella data Rovigno (oggi Porec) segui le sorti della Repubblica Veneta fino alla caduta nel 1797.
1285 - Coniazione del Ducato Aureo
A partire dal 1285 viene coniato a Venezia il ducato aureo, inizialmente equivalente a 18 grossi ma destinato a guadagnare nei confronti del Grosso all'inizio del 1300 per effetto di un forte slittamento del rapporto bimetallico.
1287 - Limitazioni all'uso del cavallo
Nel 1287 a cagione della ristrettezza delle strade e della grande affluenza di popolo, viene proibito a tutti di cavalcare lungo le Mercerie, ad esclusione dei forestieri appena arrivati. Nel 1291 la legge viene modificata e si impone a chi arriva da Rialto e voglia andare a San Marco di legare la sua cavalcatura in Campo San Salvador e quindi proseguire a piedi.
1298 - Battaglia di Curzola
Nell'ultima decade del XIII secolo la rivalità tra Venezia e Genova porta alla guerra tra le due potenze marittime. Gli scontri tra Veneziani e Genovesi si susseguono da Corone a Pera, a Cipro e a Caffa fino a sfociare nella battaglia di Curzola, sulla costa dalmata, nel 1298. La battaglia vede sconfitta Venezia ed è qui che Marco Polo viene catturato dai Genovesi. Durante la prigionia a Genova detterà il famoso resoconto dei suoi viaggi e del soggiorno in Asia.
L'anno successivo le due potenze, esauste da anni di guerra, stipulano la Pace di Milano.
1300 - Congiura di Marin Bocconio
Nel 1300 un uomo molto ricco manon nobile, tale Marin Bocconio, scontento per l'esclusione della propria famiglia dal Maggior Consiglio, insieme ad una dozzina di complici decise di fare irruzione nella sala in cui era in corso una riunione per sterminare i suoi avversari. Ma, in qualche modo, la cosa si era venuta a sapere per cui gli venne organizzata una trappola: nel giorno dell'impresa venne lasciato entrare come se nulla fosse ed, una volta entrato, catturato e disarmato. La notte successiva penzolava tra le due colonne della piazzetta insieme ai suoi 10 compari mentre altri si salvarono fuggendo da Venezia.
1310 - Giugno - Congiura di Bajamonte Tiepolo
Bajamonte Tiepolo apparteneva ad una delle più importanti famiglie patrizie veneziane che aveva dato due dogi alla repubblica solo nel 1200. La famiglia era contraria alla Serrata del Maggior Consiglio ed inoltre era fortemente delusa dalla mancata elezione a Doge del padre di Bajamonte, Jacopo Tiepolo. Al posto di Jacopo era stato eletto Pietro Gradenigo, capo della parte più conservatrice, che spingeva per riservare il potere alla sola aristocrazia.
I Tiepolo (ed anche i Querini) erano oggetto di scherno e persecuzioni da parte degli avversari al punto di risolversi ad organizzare una congiura contro il Doge Gradenigo ed i suoi sostenitori. Marco Querini, suocero di Bajamonte, e Badoer Badoer furono i soci di Bajamonte nell'organizzare la congiura che doveva avvenire nella notte tra il 14 ed il 15 di Giugno. I ribelli si organizzarono in tre colonne di armati: la prima doveva passare attraverso l'attuale calle dei Fabbri, la seconda attraverso le Mererie mentre il Badoer fu mandato nel Padovano al fine di raccogliere uomini e poi fare irruzione con gli altri due.
Il Doge ed il consiglio dei dieci scoprirono, per tempo, la congiura e si organizzarono per rispondere ai rivoltosi che vennero affrontati in Piazza San Marco finendo per avere la peggio. Marco Querini fu ucciso. La colonna di Bajamonte, secondo la leggenda, fu bloccata grazie ad un pesante mortaio gettato dalla finestra da una vecchia (la vecia del morter) che colpì il portabandiera del Tiepolo uccidendolo e provocando il disorientamento dei rivoltosi.
Alla vecia del morter fu concesso il blocco dell'affitto per la propria casa e la sottostante bottega e la possibilità di esporre il vessillo di san Marco, come da lei richiesto.
1310 - Il consiglio dei Dieci
La conseguenza legale della congiura di Bajamonte Tiepolo e di Marco Querini fu l'istituzione del Consiglio dei Dieci ("I Diese"). Creato nel 1310 come consiglio straordinario con poteri eccezionali per ristabilire la sicurezza della Repubblica, venne confermato e mantenuto negli anni a venire fino a trasformarsi, nel 1335 in una istituzione stabile.
Il consiglio dei Dieci diventerà una sorta di servizio segreto della Repubblica di Venezia sviluppando una rete di contatti e relazioni e spie che lo porteranno ad evitare sul nascere pericoli e attentati. La delega di potere ai Dieci era tale che i cittadini erano terrorizzati anche solo dall'essere convocati dal Consiglio.
1339 - Treviso
La dedizione (spontanea richiesta di appartenenza) di Treviso alla Repubblica di Venezia avvenne nel 1339. Successivamente la città fu teatro di guerre e divenne prima austriaca e successivamente dominio dei Carraresi. Nel 1388 divenne definitivamente Veneziana e godette di un lungo periodo di pace, interrotto brevemente solo dalla Guerra della Lega di Cambrai e che ebbe fine con l'arrivo di Napoleone.
1355 - Congiura del Doge Marino Falier e sua decapitazione
Nel 1355 una congiura venne ordita direttamente dal Doge Marino Falier. Il Falier, dopo una lunga e straordinaria carriera imprenditoriale e politica, venne nominato Doge il 15 Maggio del 1350. Di famiglia molto ricca il Doge aveva una moglie, secondo quanto ci viene riportato, giovane e bella.
Al punto da essere oggetto di una frase ingiuriosa da parte di un giovane Michele Steno, che ritroveremo Doge qualche decennio dopo, ma che in questa occasione si dimostra un po' bulletto.
Lo Steno incide sulla sedia del Doge a Palazzo Ducale: "Marino Falier dalla bella Mojer, altri la galde (la gode) e lui la mantien". Scoperto, gli venne comminata una pena troppo modesta, a detta del Falier che voleva, invece, una punizione esemplare.
La leggenda dice che da questo evento prese origine la cospirazione con il fine di assumere tutti i poteri dello stato.
Il Doge voleva esautorare il Maggior Consiglio, gli altri consigli e la magistratura ed accentrare su di sé tutti i poteri, cosa tra l'altro abbastanza normale in tutti gli stati e staterelli europei.
L'azione fu preparata con cura: il 15 Aprile i congiurati (alleati e amici del Doge) avrebbero fatto irruzione a Palazzo Ducale. Ma la congiura fu scoperta dal Consiglio dei Dieci che, come abbiamo detto, aveva orecchie ovunque a Venezia.
I congiurati furono giustiziati ed il 17 Aprile anche il Doge venne giustiziato mediante decapitazione per tradimento.
Questa è un'altra dimostrazione di quanto la Giustizia, a Venezia, fosse al di sopra di tutto e di tutti.
1379 - Guerra di Chioggia
La guerra di Chioggia rappresenta il culmine delle continue ostilità tra lo Stato Veneto e la Repubblica di Genova. Inizialmente i genovesi riuscirono a conquistare Chioggia ed altre città lagunari portando il conflitto in casa dei Veneziani. Ma Venezia riuscì a reagire e a riprendesi Chioggia e le altre città cadute nelle mani dei genovesi. La guerra di Chioggia rappresentò anche un impegno finanziario estremo per Venezia.
Per far fronte a questi impegni economici il doge Andrea Contarini, impegnò le sue rendite e inviò al tesoro pubblico le sue argenterie, si adottarono misure politiche altrettanto straordinarie: occorreva unire in uno sforzo comune l'intera popolazione della città.
IlMaggior Consiglio deliberò il proprio allargamento ai 30 cittadini delle famiglie più meritevoli allo Stato per offerte di persone o denaro,e che vengano iscritte nel libro d'oro del Maggior Consiglio divenendo famiglie patrizie.
La popolazione si strinse attorno al governo e alla fine la mobilitazione generale delle migliori energie verso il comune obiettivo della sopravvivenza della Repubblica riuscì così ad avere la meglio sulle forze dei genovesi.
1392 - Durazzo
Nel 1392 Durazzo diventa veneziana. Sarà parte della regione denominata "Albania Veneta", assieme ad una parte dell'attuale Montenegro.
Albania, Città Vecchia (Stari Bar). Atrio della porta principale, sul muro di fronte all'ingresso: Leone Marciano andante (1486-1501) a sinistra reggente libro aperto con la consueta scritta. Poggia sopra al mare dalle onde evidenziate e sul terreno. Il bassorilievo è stato danneggiato sia dagli ottomani, nel 1571, che da pallottole nella guerra del 1877-78 con il Montenegro.
1400 - Lo stato da tera
1404 - Vicenza (25 Aprile)
Il 20 Febbraio 1404 i sette comuni (Asiago, Roana, Rotzo, Lusiana, Foza, Enego e Gallio) stipulano con la Repubblica di Venezia il primo dei numerosi patti "di dedizione". Si tratta di un vero e proprio trattato internazionale che sarà sempre rispettato dallo stato veneziano.
Breve storia dell'altipiano:
Nei primi secoli dopo il Mille, subite varie dominazioni di famiglie e casati della pianura, le popolazioni dell’Altopiano si ribellarono ed i Sette Comuni stipularono fra di loro un patto di amicizia e di alleanza destinato poi a durare per cinque secoli; l’accordo, del 1310, venne chiamato “Reggenza dei Sette Comuni” o “Lega delle Sette Terre”, con sede ad Asiago e con il motto in lingua cimbra: “Sleghe un Lusàan – Genebe un Wüsche – Ghel Rotz Robàan – Dise saint Siben Alte Komeun Prüdere Libe” (Asiago e Lusiana, Enego e Foza, Gallio Rotzo e Roana – questi sono i Sette Antichi Comuni Fratelli cari).
Dall'anno successivo al 1387 la Federazione fu sotto la protezione degli Scaligeri di Verona, successivamente fino al 1404 dei Visconti di Milano. Dopo quell'anno, e precisamente il 20 febbraio 1404, il piccolo “stato” fece spontaneo atto di dedizione alla Serenissima Repubblica di Venezia (Doge era allora Michele Steno). Ciò garantì circa 400 anni di pace, prosperità e rispetto della lingua e cultura Cimbra fino all'arrivo di Napoleone.
1404 - Feltre e Belluno (28 Aprile)
1405 - Padova
Il 22 Novembre avviene la conquista di Padova. I Carraresi, che per molti anni furono una spina nel fianco di Venezia, vengono finalmente sconfitti grazie all'abilità del celebre condottiero Galeazzo Gonzaga conte di Grumello.
Tutti gli ultimi discendenti furono portati in carcere a Venezia dove subirono la condanna a morte.
La conquista da parte dei Veneziani e la disfatta dei Carraresi, è l'ultimo atto di una conflittualità che dura almeno due secoli. I Veneziani approfittano del momento storico in cui i Carraresi non possono avere il supporto dei loro alleati: l'imperatore tedesco, Firenze e Sigismondo d'Ungheria, tutti impegnati in altri conflitti.
Francesco Novello da Carrara resistette a lungo contro l'assedio di trentaduemila mercenari assoldati dai veneziani finché la situazione dentro alle mura di Padova divenne drammatica. Scarseggiavano viveri e acqua perché i veneziani avevano deviato il Bacchiglione. Alla carestia si aggiunse la peste ed ogni giorno morivano dalle trecento alle cinquecento persone, sepolte in fosse comuni.
Un gruppo di cittadini padovani tentò di aprire le porte agli assalitori ma vennero scoperti ed impiccati. I veneziani avvisarono, tramite volantini, che avrebbero messo a ferro e fuoco la città se non si fossero arresi finché a Novembre, dopo 4 mesi di durissimo assedio, alcune guardie corrotte aprirono le porte ad un gruppo di guastatori che entrarono in città . A Padova venne risparmiato il saccheggio ma i Carraresi vennero condannati a morte. Francesco Novello venne strangolato in carcere e poi sepolto ai Frari. Alcuni giorni dopo la stessa sorte toccò ai suoi due figli. Un fratello di Francesco Novello riuscì a fuggire da Padova ma morì, sembra, avvelenato. Ed anche un figlio di Francesco Novello, Marsilio, che complottava per tornare a Padova e riconquistarla, venne arrestato e decapitato in Piazza San Marco.
Il carro rosso dei Carrara fu ovunque sostituito, a Padova, dal leone alato di San Marco.
1423 - Istituzione del Lazzaretto
La fondazione del Lazzaretto ha inizio con l’anno 1423 quando, sotto il dogado di Francesco Foscari e con decreto del Senato, la Repubblica di Venezia istituisce – per la prima volta al mondo – un luogo destinato alla cura e all'isolamento dei malati di peste, chiamato "ospitale".
Viene individuata l’isola di Santa Maria di Nazareth come luogo utile allo scopo, grazie anche alla posizione poco distante dal Lido di Venezia. L'ordine religioso e la relativa chiesa sarà spostata in quella che oggi è la chiesa degli Scalzi, vicino all'attuale stazione dei treni.
Sull'isola preesistevano la chiesa dedicata alla Vergine, si narra risalente al XIII secolo, oltre ad alcune strutture ricettive ed assistenziali realizzate per i crociati e i pellegrini di ritorno dalla Terrasanta.
Con il passare dei secoli questi luoghi vennero progressivamente sotto-utilizzati fino a giacere in uno stato di abbandono, anche per il numero sempre più inferiore di fedeli che vi risiedevano: fu questo uno dei motivi che spinse il Senato alla decisione di fondare qui un lazzaretto.
Nel 1429 vennero allestite 80 camere destinate al ricovero degli appestati e, dopo soli 60 anni, un inventario di robe di "Nazareto" redatto nel 1484 dimostra che i posti letto censiti erano ben 209.
L'anno 1485 fu una data storica: per la prima volta uno Stato stabilì tramite legge la creazione di un ospedale pubblico. Prima di questa data i luoghi di cura e trattamento dei malati erano gestiti dagli ordini monastici e da benefattori, in cui lavoravano soltanto gli stessi religiosi e dei volontari.
Il nome originale del luogo fu Nazarethum, riprendendo la nominazione del complesso religioso pre-esistente, che col passare del tempo, in parte per la volgarizzazione del nome, in parte sembra per similitudine verso la vicina isola dedicata a San Lazzaro (degli Armeni) — protettore dei lebbrosi e dei malati contagiosi — utilizzata come lebbrosario fin dal XIII secolo, assume la denominazione di Lazzaretto, che prese la denominazione completa di Lazzaretto Vecchio dopo la metà del 1400 per distinguersi dal Lazzaretto Nuovo e che fu dedicato totalmente alla quarantena.
Durante i secoli il Lazzaretto Vecchio venne progressivamente ampliato mediante imbonimenti dei bassi fondali circostanti, destinato per lungo tempo al ricovero dei malati di peste conclamata, per poi trasformarsi gradualmente in quarantena preventiva per gli equipaggi e per le milizie provenienti dall'Oriente.
Le funzioni di quarantena e di disinfezione delle mercanzie provenienti dal Levante presero avvio già nella seconda metà del Cinquecento, come dimostrato dalle scritte di carattere commerciale presenti sugli intonaci interni del tézon grando o tézon vecchio
Venezia: misure contro le pandemie
1439 - Galeas per montes
Nel 1439 durante una delle tante guerre con i Visconti, signori di Milano, costoro controllavano tutto il lago di Garda dal porto di Peschiera allora ai veneziani venne l'idea di trasportare un'intera flotta per via terra, dall'Adige al Garda, traversando Torbole. Costruirono strade e ponti per portare sei navi e venticinque barche, su carri trainati da file di buoi e arrivano ai lago. Gli echi di questa mirabile impresa si sparsero in tutta Europa: il trasporto di una flotta da Venezia al lago di Garda attraverso i monti. A consigliare l'ardita impresa fu lo stesso Gattamelata, che aveva sperimentato l'itinerario montano con una parte delle sue truppe onde evitare il blocco meridionale dei milanesi. A studiarne i particolari tecnici è un marinaio greco di nome Sorbolo, originario di Creta. Quante fossero esattamente le navi è difficile dirlo alcuni testi scrivono che si trattava di due galee da guerra lunghe circa quaranta metri a vela latina e remi, armate di cannoni e di quattro galee minori o fuste e di diverso altro naviglio leggero.
L'IMPRESA
Partiti in pieno inverno, la flotta risale l'Adige e si concentra a Verona, fin qui senza eccessive difficoltà, sopra Verona l'Adige si restringe e forma delle rapide che i legni devono risalire facendosi trainare da molti uomini e da duemila buoi. Il traino prosegue per una quarantina di chilometri fino dove una frana ostruisce il fiume, abbandonato il quale si prosegue fra i monti sfruttando come varco il letto dei torrenti riempiti di terra e sassi, e ricoperti di tronchi su cui far scorrere le navi. Attraversato il lago di Loppio (ora prosciugato) e da Loppio ancora con tronchi e buoi su fino a Nago, quindi attraverso il valico giù verso il Garda, con pendenze del 30/40%, fino a Torbole, dove le navi vengono finalmente immesse nel lago. La flottiglia è subito impiegata contro il Piccinino, per approvvigionare Brescia e appoggiare le azioni di terra.
1441 - Riva, Torbole, Ravenna
Il leone di marmo all'ingresso della Rocca Brancaleone a Ravenna, fatta costruire dai Veneziani poco dopo l'arrivo in città.
A Cavriana, presso Mantova, si stipula la pace tra la Repubblica veneta e il Ducato di Milano. Con questo trattato Riva, Torbole e Ravenna passano sotto il dominio di Venezia, che conserva anche la signoria del Bergamasco e del Bresciano.
1453 - Cade Costantinopoli, fine dell'Impero Romano d'Oriente
Il 20 Maggio del 1453 dopo un lungo ed infernale assedio, dopo che molti predecessori ci avevano provato invano, Costantinopoli cede alla furia di Mehemed II. Il terribile sultano Ottomano entra nella Chiesa di Santa Sofia a cavallo "col sangue dei Greci che gli arrivava al garrese". Violenze, stupri, saccheggi... quella che era la bellissima Roma d'Oriente è sconvolta.
1453 - Costantinopoli, Mehemed II e Venezia
Nella vicenda di Costantinopoli i Veneziani (ma anche i Genovesi) avevano partecipato con slancio e coraggio all'estremo tentativo di difesa appoggiando l'imperatore Costantino XI Paleologo. Il Bailo Veneziano a Costantinopoli Girolamo Minotto viene decapitato così come molti veneziani. Alle perdite umane, alle morti ed ai dispersi (più di 500) si sommano quelle materiali, incalcolabili.
Con la distruzione della base commerciale di Venezia in Oriente veniva a mancare anche la ricchezza della città già prosciugata dalle guerre in Lombardia che, per fortuna, stavano per finire.
1454 - Pace di Lodi
Il 26 Aprile del 1454 viene firmata la pace di Lodi tra Venezia, lo Sforza, i Fiorentini, Mantova ed il Re di Francia. La Repubblica di Venezia raggiunge la massima estensione nella terraferma italiana. I confini vanno dall'Isonzo all'Adda, più Crema, Ravenna ed una bella fetta di Trentino. A questo si aggiungono i possedimenti sulla sponda adriatica e in oriente.
1457 - Muore Francesco Foscari
Il 1 Novembre del 1457 all'età di ottantaquattro muore a Venezia il doge Francesco Foscari.
Tenace fautore della espansione di Venezia in terraferma, durante il suo dogado, durato 34 anni, condusse una serie quasi ininterrotta di guerre contro lo Stato di Milano e i suoi alleati.
Dei suoi cinque figli maschi, quattro morirono di peste e il quinto, Jacopo, in esilio. Negli ultimi anni del suo principato, l'odio del partito ostile alla politica di terraferma provocò un decreto del Consiglio dei Dieci con il quale lo si spogliava delle insegne ducali.
Mentre suonavano le campane per l'elezione del suo successore, il Foscari veniva colto da paralisi e moriva di crepacuore.
Pentito forse d'aver infierito contro un così glorioso vegliardo, il Senato veneto gli decretava onoranze funebri ancor più solenni che se fosse stato in carica. Vi partecipava anche il nuovo doge, ma in vesti di semplice senatore.
Le tragiche vicende dei Foscari ispirarono romanzieri, musicisti e poeti, fra i quali Giuseppe Verdi e lord Byron. La moglie non avrebbe voluto consegnare la salma perchè venisse solennemente tumulata da Doge, ma ne sarà costretta dal Consiglio dei Dieci.
La sua tomba si trova nella cappella maggiore della Basilica dei Frari, alla destra guardando la pala dell'Assunta di Tiziano.
1475 - Divieto ai preti di fare i notai
19 Gennaio 1475
Un'ordinanza proibisce ai preti di esercitare le professioni di notaio o scrivano nei pubblici uffici.
Forse la Repubblica si era accorta che il voler scrivere gli atti pubblici in "latino" il clero magari talvolta "sbissava" con qualche locuzione all'apparenza innocente che poi all'atto pratico, magari nell'apertura di un testamento venivano lasciati troppi soldi alla chiesa e nascevano parecchie controversie, per porre freno a tale attività fraudolenta si pensò di escludere i "preti" da tali funzioni pubbliche nel rispetto delle volontà dei testatori, a questa ordinanza, nel tempo ne seguirono altre anche verso tutti i notai dove si raccomandava l'abbandono del latino in favore del volgare.
Infatti si stabili che:"... tutti li notari torranno li preghi delli testamenti et similiter li codicilli, siano obligati quelli scriver volgarmente et notar quelle proprie et istesse parole che dirà il testator a fine ed effetto che si possi dinotar et intender la pura et mera volontà d’i testatori senz’altra exposition.
1489 - La regina Caterina Corner cede Cipro a Venezia
Dopo la morte del marito la Regina di Cipro, Caterina Corner, cede l'isola a Venezia che, di fatto, controllava e proteggeva l'isola dalle pretese turche.
1496 - Monumento equestre dedicato al Colleoni
Nel 1496 lo scultore Alessandro Leopardi (che realizzò in bronzo anche le tre basi dei pennoni di fronte alla Basilica di San Marco) fuse il monumento equestre dedicato al condottiero Bartolomeo Colleoni, modellato da Andrea Verrocchio che oggi puoi vedere in campo Santi Giovanni e Paolo, di fronte alla Scuola grande di San Marco.
Sembra che il Leopardi non volesse realizzare l'opera per non contravvenire alle volontà del Verrocchio che, prima di morire, scrisse che la scultura avrebbe dovuto essere fusa da un altro sculture, Lorenzo di Credi. Ma il governo della serenissima affidò, invece, l'opera al Leopardi che non potè rifiutare. I timori del Leopardi si dimostrarono fondati: una volta ultimato il monumento si ammalò di broncopolmonite e finì per morirne maledicendo il monumento ed il luogo dove era stato realizzato: un campo di Canareggio che, da allora, venne chiamato "Corte del Cavallo".
1499 - Hypnerotomachia Poliphili
Nel 1499 viene stampato a Venezia uno dei libri più belli del rinascimento, si tratta del Hypnerotomachia Poliphili. Viene stampato da Aldo Manuzio, il primo editore "moderno" che inventa il libro tascabile ed il carattere "corsivo".
Il libro è ricchissimo di immagini, contiene ben 172 incisioni xilografiche talmente ben fatte che per molti anni ci si chiese chi ne fosse l'autore. Oggi si ritiene possa essere il padovano Benedetto Bordon.
Il libro racconta del viaggio iniziato in una selva e che finisce con l'incontro della bellissima Polia, dopo aver superato prove iniziatiche di ogni tipo. L'autore è ignoto anche se unendo le iniziali dei 38 capitoli si ottiene il nome di Francesco Colonna, un frate veneziano piuttosto libertino.
1500 - Pianta di Jacopo De Barberi
La Mappa del De Barberi è un vero e proprio capolavoro. Per realizzarla sono stati necessari tre anni di lavoro, dal 1498 al 1500 e tutti i rilevamenti e le misurazioni sono state (ovviamente) eseguiti dal basso
Una grande veduta (tre metri per uno e mezzo) a volo d'uccello, datata 1500, che rappresenta in modo sorprendente, per le conoscenze scientifiche dell'epoca, la città. E' ricchissima di particolari: vi si vedono case, chiese, ponti, canali ancora oggi esistenti. Si vede il ponte di Rialto in legno con le passerelle sollevabili per fare passare le Galee.
Le piastre per l'incisione xilografica, intagliate in legno di pero, sono conservate al Museo Correr.
1501 - Vasco De Gama arriva a Lisbona con un carico di Spezie
Nel 1501 a Venezia si sparge la voce dell'arrivo a Lisbona di 7 navi portoghesi, delle 12 partite, cariche di Spezie. Vasco De Gama era riuscito a circumnavigare l'Africa, aveva fatto tappa in India orientale.
Le spezie che i Veneziani acquistavano ad Alessandria provenivano dall'India trasportati con carovane di dromedari fino all'Egitto.
"Mancando questo trafego de la mercadantia a Venetia se puoi reputar mancar il lacte e nutrimento ad uno putino" commenterà il Priuli. Ed in effetti i mercanti tedeschi disertano il mercato di Rialto per recarsi a Lisbona.
1502 - Esecutori contro la bestemmia
A partire dal 1261 si hanno notizie di Parti (leggi) contro i bestemmiatori con tanto di ammenda per chi veniva condannato per avere bestemmiato Dio, la Beata Vergine o i Santi. Ma questa usanza non si riusciva ad eliminare, tanto che nel 1502 il Priuli, nei suoi Diari, scriveva: "due cose in Venezia erano molto difficili da disfare: la bestemmia, usata da ogni grado di persone, ed i vestimenti alla Francese (...)".
Il Maggior consiglio crea un apposito magistrato: gli "Esecutori contro la Bestemmia".
Questa magistratura interviene in numerosi casi, ad esempio il 5 Maggio del 1519 a tre bestemmiatori sentiti da più persone inveire contro Dio ed i Santi all'interno dell'Osteria del Bo a Rialto, vennero tagliate le lingue, cavati gli occhi e banditi dalla città.
Se a bestemmiare il nome di Dio erano dei preti la pena era la cheba: venivano rinchiusi in una gabbia (la cheba, appunto) appesa a metà del campanile di San Marco ove stavano esposti di giorno e di notte. Potevano essere appesi per un tempo determinato se la bestemmia era lieve oppure fino alla morte se le bestemmie erano "importanti".
Ad esempio un tale Don Agostino della chiesa di Santa Fosca, che venne udito bestemmiare Iddio, i Santi e la Vergine venne rinchiuso in una cheba nel 1542 a pane e acqua dall'otto di Agosto fino alla fine di Settembre.
1503 - Fano e Faenza
Nel 1503, complice la mancanza del Pontefice, la Serenissima accetta la dedizione di Fano e quindi si espande anche nelle Marche. Neanche un mese dopo l'elezione del nuovo pontefice, Giulio II (il Papa terribile che attaccherà violentemente la Repubblica Veneta) le truppe della serenissima occupano anche Faenza.
Nel 1503, complice la mancanza del Pontefice, la Serenissima accetta la dedizione di Fano e quindi si espande anche nelle Marche. Neanche un mese dopo l'elezione del nuovo pontefice, Giulio II (il Papa terribile che attaccherà violentemente la Repubblica Veneta) le truppe della serenissima occupano anche Faenza.
1503 -Febbraio - Niente spezie!
Le campane di San Marco suonano a stormo per annunciare l'arrivo delle Galere da Alessandria D'Egitto. Ma la sorpresa per chi si affolla sul molo in attesa dello scarico è terribile!
Non c'è nemmeno una balla di spezie.
Non era mai accaduto!
Poco dopo le galere provenienti dalla Siria avrebbero portato lo stesso risultato.
Le caravelle Portoghesi avevano raggiunto il porto indiano di Calicut e avevano fatto incetta di spezie al punto tale che in Egitto ed in medio oriente non ne era arrivata nemmeno una libbra. A Venezia si era sparsa una vantata di vera disperazione.
Nel frattempo il Portogallo proponeva, a Venezia, le proprie spezie che si era procurato riuscendo a doppiare il capo di Buona Speranza.
1508 - Pordenone, Gorizia, Trieste, Postumia, Fisino, Fiume
Nel 1508 i Veneziani, comandati da Bartolomeo d'Alviano ottengono contro l'impero austriaco una vittoria tanto travolgente da conquistare Pordenone, Gorizia, Trieste, Postumia, Fisino e fiume. Questo trionfo costerà carissimo alla Repubblica perché motiverà l'imperatore Massimiliano d'Asburgo ad unirsi alla lega antiveneziana di Cambrai.
Il Castello medioevale di Gorizia sovrasta la città. Risale all' XI secolo ma fu ristrutturato e ricostruito più volte. Oggi ospita un Museo.
Sopra l'ingresso il leone marciano andante in Pietra di Aurisina, di dimensioni circa cm 200x310 che regge il libro aperto con la consueta scritta: "PAX / TIBI / MARC // EVAN / GELIS / MEVS". Il libro è appoggiato ad una palla di bombarda.
In quest'altra foto si vede meglio il leone di San Marco di Gorizia: presenta il muso frontale lievemente inclinato verso sinistra, una criniera fluente, si intravedono le costole del tronco, la coda è distesa e contigua alla zampa posteriore. Con ogni probabilità il leone, fu fatto eseguire durante i 13 mesi di dominazione veneta della città (26 aprile 1508-1° giugno 1509).
1509 - Comunità dei sette comuni
Il 19 Gennaio 1509 i sette comuni vicentini dell'Altopiano di Asiago ottengono nuovamente conferma riguardo ai loro antichi privilegi. Tra l'altro una cifra forfettaria di imposte da ripartire equamente da loro in piena autonomia. (*)
« Nel territorio dei Sette Comuni non esistono castelli di nobili, non esistono ville di Signori, né cattedrali di Vescovi, per il semplice fatto che la terra è del popolo e i suoi frutti sono di tutti come ad uso antico » (Mario Rigoni Stern).
La Federazione dei Sette Comuni nota anche col nome di Spettabile Reggenza dei Sette Comuni (lingua cimbra Hòoge Vüüronge dar Siban Komàüne), sorta nel 1310, ma già concretamente nata nel 1259 (vale a dire dalla caduta degli Ezzelini) sotto il nome di Lega delle Sette Terre Sorelle, è stata una piccola nazione indipendente comprendente il territorio oggi conosciuto come Altopiano dei Sette Comuni e alcune altre località contigue oggi appartenenti ad altri ambiti amministrativi, nelle attuali Province di Vicenza e di Trento.
Il 20 febbraio 1404 secondo il calendario veneto (il 1405 secondo l'attuale) la Federazione dei Sette Comuni fece uno spontaneo atto di dedizione alla Repubblica di Venezia, che ne garantì i privilegi per i successivi quattrocento anni. Scomparve definitivamente il 29 giugno 1807 per volere di Napoleone I Imperatore dei francesi e Re d'Italia che dichiarò abolito il Governo federale, ossia la Reggenza. Cessò così di vivere, dopo cinque secoli di vita, la più piccola delle Federazioni politiche d'Europa e nello stesso tempo la più antica assieme alla confederazione elvetica.(***)
Dopo una parentesi sotto il dominio dell'Impero austriaco, il 21 ottobre 1866 fu annessa al Regno d'Italia a seguito della vittoria italiana nella terza guerra di indipendenza [ndr turgido esempio di come La Marmora prese tante legnate per terra a Custoza e Persano altrettante per mare (****) ]
1509 - Lega di Cambrai
Veneziani Guerrafondai!
"Voi Veneziani avendo 'l più bel stato d'Italia a no vi contentar e turbar la pace e 'l stato d'altri. (...) siete soli et avete tutto 'l mondo contra, non solamente in Italia, ma anche al di là dei monti".
A sostenerlo è Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano nel 1467. Qualche anno dopo la Serenissima, ancora fresca delle vittorie a nord contro l'imperatore d'Austria, minaccia direttamente il Ducato di Milano.
Tutti contro Venezia
Ma l'Europa intera si coalizza contro Venezia: Francia, Spagna, Sacro romano impero, Mantova, Ferrara, Firenze ed il papato. Tutti contro la Serenissima. L'alleanza nasce il 10 Dicembre del 1508 a Cambrai, nel Nord della Francia mentre la firma del Papa arriva solo il 22 Marzo del 1509 dopo i falliti tentativi di farsi restituire Rimini e Faenza.
La spartizione di Venezia
Il Papa, il Re Luigi XII, l'imperatore Massimiliano d'Asburgo ed il Re di Aragona si erano già accordati per la spartizione delle terre di Venezia. L'imperatore avrebbe riavuto il Friuli e la Venezia fino al Mincio, il Re di Francia si sarebbe annesso la Lombardia Veneziana, la Spagna le città pugliesi e il Papa avrebbe riavuto tutta la Romagna. Gli Estensi avrebbero avuto il Polesine, il marchese di Mantova avrebbe avuto delle terre in Lombardia, il Re d'Ungheria avrebbe avuto la Dalmazia, il duca di Savoia il reame di Cipro. Insomma Venezia era già data per spacciata.
1509 - Agnadello
Il 14 Maggio del 1509 l'esercito della Serenissima viene sconfitto ad Agnadello dalla coalizione Europea antiveneziana.
Lo scontro
I due comandanti veneziani
Il 14 Maggio del 1509 si scontrano l'esercito francese e parte dell'esercito Veneziano. Quest'ultimo, infatti, era diviso tra i due comandanti Niccolò Orsini detto Niccolò di Pitigliano (vecchio, lento e che preferisce "non perdere" al vincere) e Bartolomeo d'Alviano, recente protagonista del trionfo contro Massimiliano d'Asburgo in Cadore. Tra i comandanti non corre buon sangue, pur essendo cugini. Il disaccordo tra i due peserà sull'esito finale della battaglia.
Bartolomeo combatte mentre il Pitigliano si ritira
Quando la parte di esercito comandata da Bartolomeo ingaggia battaglia con i francesi, Pitigliano si ritira, con la sua parte di esercito mentre Alviano con un quarto di esercito veneziano sotto di lui invoca i rinforzi in quanto stava quasi per battere gli avversari nonostante fosse in minoranza. Nonostante le richieste il Pitigliano non accorre.
Milanesi e Francesi approfittano della titubanza del Pitigliano e accerchiano i soldati Veneziani di d'Alviano: il loro eroico comportamento non sarà sufficiente. Alviano viene fatto prigioniero e 4.000 Veneziani cadono sul campo.
I domini sono persi
Nel frattempo l'esercito di Pitigliano si ritira fino a Mestre, dove si ferma e si organizza per difendere la Repubblica.
I territori di terraferma vengono immediatamente occupati dagli alleati della Lega di Cambrai, in combutta, tra l'altro, con i nobili locali (cosa che scatenerà poi la vendetta di Venezia). I popolani, invece, "preferiscono farsi ammazzare che rinnegare la fedeltà a San Marco", scrive il Macchiavelli.
Sempre Macchiavelli scriverà sul "Principe":
"i veneziani hanno perso, in un giorno, quello che impiegarono ottocento anni e tanta fatica a conquistare".
Ma la diplomazia stava lavorando freneticamente
Ma nessuno aveva fatto i conti con le capacità diplomatiche della Serenissima che riuscì a far litigare gli alleati della Lega di Cambrai e, successivamente, a riconquistare il dominio di terra. Questo grazie anche a Dogi di carattere e determinati come Andrea Gritti.
1509 - Sconfitta di Agnadello
1516 - Istituzione del Ghetto di Venezia
Il Ghetto era il luogo delle fonderie, dove si gettava il metallo. Gli ebrei di origine tedesca modificarono la pronuncia gutturale in Ghetto e da allora, in tutto il mondo, la parola veneziana "ghetto" diveniva sinonimo di segregazione.
Mai ai musulmani venne concesso di costruire una moschea a Venezia, mentre gli ebrei poterono edificare ben 5 sinagoghe all'interno del Ghetto. La comunità ebraica a Venezia era organizzata in schole: 1) La Schola Grande Tedesca del1528 2) La Schola Grande Canton del 1532 3) La Schola Levantina 4) La Schola Italiana 5) La Schola Spagnola
Nel 1516 viene istituito il Ghetto Ebraico di Venezia. La parola "Ghetto" assume, con il tempo, un connotato negativo ma quella ebrea non era l'unica comunità confinata in uno specifico spazio: i Turchi dovevano risiedere nel Fondaco dei Turchi, così come i "Todeschi" avevano il loro fondaco etc.
Ed anche i Veneziani a Costantinopoli (e poi Instambul) dovevano risiedere nel loro quartiere.
La parte con cui viene creato il Ghetto è datata 29 Marzo 1516 e decreta: " li Giudei debbano tutti abitar unidi in la Corte de Case, che son in Ghetto appresso S.Girolamo, et acciocchè non vadino tutta la notte intorno, siano fatte due porte, si debbino aprir la mattina la Marangona (la campana grande di S.Marco) e la sera sieno serrate a ore 24"
1516 - Il ghetto di Venezia
1519 - Nasce Jacopo Tintoretto
Il quadro del Tintoretto denominato "Presentazione di Maria al Tempio", realizzato dall'autore per la chiesa della Madonna dell'Orto, dove è tuttora.
Nasce Jacopo Robusti, detto il Tintoretto (perché figlio di un tintore di panni), "il più terribile cervello che abbia avuto mai la pittura".
Le sue opere, soprattutto a tema religioso, sono diffuse in tutta la città ma il suo capolavoro è il ciclo di dipinti nella Scuola Grande di San Rocco. È sepolto nella Chiesa della Madonna dell'Orto, assieme alla figlia Marietta e sotto ad uno dei suoi quadri più belli: la presentazione di Maria al Tempio.
1524 - Bancogiro
A Venezia per evitare il fallimento delle banche lo stato intervenne liquidandole tutte e facendosi carico delle tutele di commercianti e risparmiatori.
Nel 1524, infatti, il governo della Serenissima progressivamente liquida tutti i banchi di prestito gestiti dai privati (rivelatisi troppo facilmente soggetti al fallimento e perciò assai pregiudizievoli del decoro della Repubblica) ed aprì sulla piazza di Rialto, inizialmente quale esperimento di carattere provvisorio, un banco di prestito con capitali interamente pubblici.
Attorno al 1619 la giurisdizione sul BANCOGIRO venne assorbita tra le competenze del Senato, il quale assegnò alla supervisione dell'istituto, in qualità di garante, un senatore con il titolo di Depositario, abilitato a svolgere l'attività bancaria in regime di monopolio.
Nel BANCOGIRO chiunque poteva aprire un deposito di denaro dell'entità desiderata, che veniva registrata a suo credito ed a debito del banco, senza alcun aggravio di spesa e con la possibilità di ritirare in qualunque momento la somma depositata, tutta od in parte, a seconda del bisogno.
Oltre al fatto di essere garantito dallo Stato, ciò che però rendeva veramente sicuro ed affidabile il Banco Giro e l'attività economica che attorno allo stesso ruotava, era la disposizione legislativa secondo cui il denaro qui depositato non poteva essere né posto sotto sequestro né trattenuto per qualsivoglia motivo, da parte di nessuna autorità giudiziaria della Repubblica.
1532 - Abbandono del latino
25 XBRE (Dicembre) 1532: Abbandono del Latino nei testi ufficiali.
Con "terminazione" del Senato della Serenissima:
D'ora in avanti i notai devono scrivere i testamenti in "volgare", come li dettano i testatori, e non più in latino come in precedenza si aveva sempre fatto. Con questa breve annotazione la Repubblica abbandona il "buratichese" dell'epoca che si prestava ad equivoci e abbraccia la lingua naturale con la specifica (come dettato dai testatori) che traslandone il significato indica di "scrivere come che se parla".
1570 - Perdita di Cipro
Il violentissimo assedio a Famagosta durò undici mesi e tredici giorni durante i quali i veneziani, seppure in incredibile inferiorità numerica (7.000 i veneziani e 200.000 i turchi), si difesero come leoni causando all'esercito turco oltre 80.000 perdite e subendone oltre 6.000.
Con la caduta di Famagosta Venezia perde definitivamente Cipro. L'isola, divenuta Veneziana grazie alla Regina Caterina Corner, da questo momento è sotto il controllo ottomano.
Venezia si rialza: la battaglia di Lepanto
1575 - Prima vittima della peste a Venezia
La peste che dilagò per la città di Venezia per quasi due anni. A seguito di altre epidemie analoghe scoppiate in epoche precedenti il Governo Veneziano, attraverso i Provveditori alla Sanità, aveva già fatto costruire due Lazzaretti (Lazzaretto Nuovo e Lazzaretto Vecchio) in un’isola della Laguna, nel 1423 e nel 1468 ma durante l’epidemia del1575 i due ricoveri erano talmente sovraccarichi che il Senato decretò che potessero sostare vicino all'isola delle grandi barche contenenti gli ammalati non ricoverabili nei lazzaretti.
Nel frattempo tutti i mendicanti della città venivano arrestati perché erano gli individui più soggetti a contrarre il morbo a causa delle lor precarie condizioni igieniche. Anche loro vennero caricati su quasi duemila barche ancorate vicino ai Lazzaretti.
Un altro ricovero utilizzato fu la Chiesa della Madonna dell’Orto.
In città si inceneriva ogni cosa potesse avere avuto contatto con i malati, si purificava l’aria bruciando del ginepro che arrivava apposta dall’Istria e dalla Dalmazia, si obbligavano gli abitanti a restare chiusi in casa per otto giorni chiudendo i sestieri.
Ma tutto fu inutile.
Non sapendo più cosa fare il doge esortò il popolo a pregare e deliberò la costruzione di un tempio votivo dedicato al Redentore non appena la pestilenza fosse terminata. Il Governo affidò l’incarico ad Andrea Palladio. La sede scelta fu l’isola della Giudecca e la prima pietra fu posta il 3 maggio del 1577. La fine del morbo fu annunziata nel luglio dello stessa anno nella Basilica di San Marco e si decretò che la terza domenica di luglio fosse per sempre dedicata alla visita del tempio del Redentore. Si costuì allora un ponte di barche da Piazza San Marco alla Giudecca per far passare la processione e il popolo al seguito, dando così inizio anche alla Festa del Redentore, la sagra più popolare e tipica dei Veneziani.
1591 - Viene eretto l'attuale Ponte di Rialto
Oggi il ponte di Rialto è uno dei simboli di Venezia conosciuto in tutto il mondo. Fu per diversi secoli l'unico ponte che attraversava il Canal Grande.
Ma prima come facevano i venethiani per attraversare il Canalasso?
Credo che pochi sappiano che anticamente i sestieri veneziani erano 3 e per motivi amministrativi sotto il dogato del doge Sebastiano Ziani (1172-1178) diventarono sei. E che ancora meno sappiano che talune cronache riportano che il primo ponte di barche sul canal grande risalga al suo dogato, rimane certo il fatto che il primo ponte sul "Canalasso" era un ponte di barche a pagamento, taluni storici lo chiamano "Ponte del quartarolo".
Il quartarolo era la quarta parte di 1 soldo, che era il costo per il transito, altre fonti lo chiamarono ponte della "moneta" che taluni fanno risalite il toponimo all'esistenza della zecca che si trovava in campo s. Bartolomio, lo stesso nome presumo sia stato dato anche al successivo ponte in legno su palafitte, ben noto in quanto dipinto in un quadro dal Carpaccio nel '500 e visibile anche nella famosissima (e incredibile) mappa di Venezia vista dall'alto prodotta dal De Barberi del 1500.
Il ponte di Rialto che tutto il mondo oggi può ammirare e anche invidiare risale alla fine del '500 e fu edificato sotto il doge Pasquale Cicogna, per la faraonica spesa si 250.000 ducati d'oro.
Nota: dall'epoca del doge Ziani e fino al 1797, i sei procuratori di san Marco, uno per sestiere venivano definiti tre "de ultra" e tre "de citra" dove ultra sta ad indicare al di la del "Canalasso" e ovviamente per citra si intendono i tre sestieri al di qua del canale, cioè dalla parte di s. Marco
1606 - Venezia colpita dall'interdetto papale
Il 16 Aprile 1606 Venezia è colpita dall'interdetto di papa Paolo V.
Tutto inizia quando, tra l'agosto e l'ottobre dell'anno precedente, il Consiglio dei Dieci faceva arrestare due ecclesiastici, il canonico vicentino Scipione Saraceni e l'abate di Nervesa Marcantonio Brandolin, il primo macchiatosi di reati comuni e il secondo colpevole di gravi delitti..
Papa Paolo V chiede la remissione d'entrambi al giudizio dell'autorità ecclesiastica, pretendendo anche la revoca da parte di Venezia di due leggi del 10.1.1604 e del 26.3.1605 con le quali, se non espressamente autorizzate, non si potevano costruire chiese, ospedali e luoghi pii né regalare immobili agli ecclesiastici.
Al netto rifiuto di Venezia e dopo inutili trattative diplomatiche il 17 aprile appunto emana un ultimatum con il quale se entro ventiquattro ore le leggi non fossero state ritirate e i due prigionieri consegnati, avrebbe scomunicato i Pregadi e colpito con l'interdetto, cioè con il divieto di ogni funzione religiosa, tutto il territorio della Serenissima.
La Repubblica replicava il 6 maggio con un manifesto affisso in tutto lo Stato nel quale il breve papale era definito "nullo e di nessun valore" e il clero non doveva quindi rispettarlo.
Dopo alterne vicende la questione termina il 21 aprile 1607 quando i due prelati vengono consegnati all'ambasciatore di Francia, fermo restando il diritto di Venezia a giudicare gli ecclesiastici e a non revocare le leggi incriminate.
1627 - Attentato a Renier Zen
Il 30 Dicembre 1627 alla sera, Giorgio Corner figlio del Doge Giovanni I si apposta, con uno stuolo di bravi, vicino la riva del Palazzo Ducale e quando Renier Zen, uno dei tre capi del Consiglio dei Dieci, esce dal Palazzo, lo assale a colpi di accetta e lo lascia a terra credendolo morto; lo Zen invece si salva buttandosi in una gondola di passaggio che lo porta in salvo.
La città è sconvolta dallo scandalo.
Il giovane Corner, fuggito all'estero, viene bandito e privato della nobiltà e dei beni. Sfugge la condanna capitale in quanto, anche se tutti sanno che è stato lui, non ci sono prove.
1631 - La peste e la Basilica della Salute
27 gennaio
Il Patriarca cede alla Repubblica il terreno di proprietà del Seminario su cui sorgerà un tempio (l'attuale Basilica di Santa Maria della Salute), da dedicare alla Madonna affinché questa salvi Venezia dalla peste.
13 febbraio
Stante il perdurare della grave pestilenza, i Provveditori alla Sanità amministrino giustizia sommaria e le loro sentenze siano dichiarate inappellabili.
20 marzo
Forse a causa dei forti venti di Ostro e Scirocco si ha una ripresa della tremenda epidemia di peste che aveva decimato i Veneziani.
25 marzo
Il Doge Nicolò Contarini, assieme al Patriarca Giovanni Tiepolo, pone la prima pietra del Tempio dedicato alla Madonna della Salute.
1 aprile
Senza la presenza del Doge Nicolò Contarini ammalato, viene posata la prima pietra della Basilica della Salute, dedicata alla Madonna perchè protegga Venezia dalla peste. Il 13 giugno successivo viene scelto il progetto dell'architetto Baldassarre Longhena, preferendolo a quello di Francesco Smeraldi. Purtroppo, iniziata nell'estate dell'anno precedente, la pestilenza, una delle tante che affiggeranno Venezia, terminerà solo nel mese di novembre.
13 maggio
Prolungandosi l'epidemia di peste, viene definitivamente sospesa la consueta Fiera della Sensa in Piazza San Marco.
26 ottobre
Nella Basilica di San Marco a Venezia, il Doge Nicolò Contarini, deposto il berretto ducale ai piedi dell'altar maggiore, pronuncia voto solenne per l'erezione di un grandioso tempio alla Madonna che ha liberato la città dalla peste. Dedicata alla Madonna della Salute, e costruita su progetto di Baldassare Longhena, la chiesa sarà definita opera vergine, non mai vista, degna e bella, fatta in forma di rotonda macchina.
Consacrata nel 1687, dopo 56 anni di lavoro, costò alla Repubblica mezzo milione di zecchini d'oro.
16 novembre
Si dichiara festa solenne il 21 novembre (ricorrenza della Presentazione della Madonna al Tempio) affinché la Vergine possa essere annualmente ringraziata per aver liberato Venezia dalla peste. Ha inizio la tradizionale "Festa della Madonna della Salute".
18 novembre
Alle Corti europee viene ufficialmente notificata la fine dell'epidemia di peste in Venezia. La cifra ufficiale del numero di vittime è di 46.490 persone, più di un quarto dell'intera Popolazione.
Immagini della Basilica della Salute
1643 - Muore a Venezia Claudio Monteverdi
Muore a Venezia Claudio Monteverdi, compositore cremonese. Nato a Cremona nel 1567, era tanta la sua fama che nel 1613 era stato chiamato a Venezia quale Maestro di Cappella della Basilica di San Marco, con lo stipendio annuo di quattrocento ducati e l'alloggio gratuito nella casa canonica.
Riformatore della musica sacra e creatore del melodramma, fece rappresentare a Venezia "Il Ritorno di Ulisse" e "L'Incoronazione di Poppea"; a Venezia fece anche pubblicare il primo libro di "Madrigali a Cinque Voci" che lo rese celebre.
Pochi giorni prima di morire volle ritornare a Venezia perché desiderava chiudere gli occhi nella città prediletta. Le sue spoglie mortali riposano nella Chiesa veneziana di Santa Maria Gloriosa dei Frari, nella Cappella dei Milanesi.
1645 - Ha inizio l'assedio turco a Creta
Il 24 giugno al Provveditore Generale di Candia, Andrea Corner, arriva un rapporto dal provveditore di Canea: da Capo Spada si vede un'immensa foresta di vele Turche che dirige sull'isola. La sera stessa l'Armata Ottomana, composta da ben cinquantamila uomini, sbarca sulla spiaggia di Gognà , a quindici miglia da Canea.
La città è ben presto assediata.
La Flotta Turca attacca anche il Castello di San Todaro, uno dei capisaldi dell'isola di Candia, difeso da pochi cannoni e da un'esigua guarnigione Veneziana. Dopo accanito combattimento, i Turchi riescono a penetrare nel castello.
L'istriano Biagio Zulian (o Giuliani), comandante della roccaforte, corre al deposito delle polveri e vi dà fuoco. Pochi giorni dopo, a Venezia, Doge e Senatori ascoltano in piedi la relazione del fatto eroico:
"Il capitan Giuliani, dato fuoco alla municione, ha più tosto voluto morire generosamente con li suoi, et con gran parte dei medesimi Turchi quali vi erano entrati, che mai rendersi. Volò quel prode coi compagni gloriosamente in Cielo et mandò centinaia di anime turche all'inferno."
1647 - Parte sulle denunce anonime
Nel 1647 viene emessa una Parte (cioè una legge) in Maggior Consiglio relativa alle denunce anonime infilate nelle apposite "boche da leon".
La legge stabilisce che prima di procedere contro un accusato, il Consiglio dei Dieci dovrà ballottare (cioè votare utilizzando delle palle) a riguardo. Il voto ha lo scopo di stabilire se veramente l'accusa contengamateria di Stato o importantissimo pubblico interessee si darà luogo all'accusa quando questa riporti almeno i cinque sesti dei voti.
Per essere ritenuta valida la votazione doveva venir ripetuta cinque volte e nel caso non si raggiungesse la maggioranza richiesta, la denuncia veniva bruciata.
Si era giunti a tanto dopo diverse leggi successive a quella del 30 ottobre 1387 nella quale veniva intimato che tutte indistintamente le denunce anonime venissero bruciate.
1646 - Muore il Doge Erizzo
Nell'anno 1646, il 3 gennaio, a ottant'anni, e dopo ben quindici di Dogado, muore Francesco Erizzo, sembra per le fatiche riportate durante i preparativi e lo studio dei piani di guerra contro i Turchi, invasori dell'isola di Candia.
La sua tomba si trova a San Martino di Castello, mentre il suo cuore si trova nel pavimento della Basilica di San Marco, al lato del vangelo dell'Altar Maggiore dove, coperta dalla porta di accesso al coro, si vede una piccola lapide di marmo bianco, con un cuore di marmo rosso contenente il Corno Ducale.
1656 - Battaglia dei Dardanelli
Il 26 giugno del 1656 la flotta Veneta e quella Turca si affrontano nella
LA BATTAGLIA DEI DARDANELLI
La flotta veneta blocca lo Stretto dei Dardanelli e i Turchi, al comando di Sinan pascià, cercano di forzare lo sbarramento.
Fatte levare le ancore, il capitano generale Lorenzo Marcello muove per primo all'attacco restando ucciso da un colpo di cannone mentre stava per abbordare una galea nemica. Il suo cadavere viene nascosto per impedire che si divulghi la notizia.
Lazzaro Mocenigo, ferito a un occhio, grida: «Ne basta uno per veder la vittoria ». Dopo 7 ore, lo scontro ha termine con la sconfitta dei turchi, che han subito gravissime perdite: 80 navi affondate o catturate, e diecimila morti mentre i veneziani ne hanno solo trecento.
Nell'esito dello scontro ben 5000 schiavi cristiani, imbarcati nelle galee turche vennero liberati, la nave del Mocenigo non potendo essere recuperata per i gravi danni subiti venne incendiata.
Nello scontro furono impiegate anche 5 Galeazze al comando di Barbaro Badoer.
1669 - Perdita di Creta
1687 - Conquista del Golfo di Corinto, Lepanto e Atene
L'11 Agosto del 1687 durante una riunione del Maggior Consiglio di Venezia, giunge notizia che la flotta Veneta, al comando dell'Ammiraglio Francesco Morosini, ha conquistato le piazzeforti di Patrasso, Lepanto e di tutto il golfo di Corinto.
Il Maggior Consiglio, al completo, scende nella Basilica di San Marco per ringraziare Dio della splendida vittoria; il Senato decreta immediatamente che a Francesco Morosini, chiamato il Peloponnesiaco, sia fatto un busto in bronzo da collocarsi in Palazzo Ducale insieme con lo stendardo a tre code tolto ai Turchi.
Nel 1694, per celebrare la riconquista della Morea, il Senato veneziano fece erigere un arco trionfale in onore del Doge nella Sala dello Scrutinio di Palazzo ducale. Il progetto dell'arco si deve all'architetto Antonio Gaspari mentre le tele incassate al suo interno che lo decorano sono opera di Gregorio Lazzarini.
Va ricordato anche un evento triste della riconquista della Morea avvenuto il 28 di Settembre. Da una galeazza veneziana, al comando di Francesco Morosini, parte un colpo di cannone che colpisce in pieno la polveriera turca. Purtroppo a polveriera i Turchi avevano adibito il Partenone, che fino a quel momento era ancora intatto come ai tempi di Fidia. Il Partenone salta in aria e subisce i danni ancora oggi visibili.
Una settimana dopo Francesco Morosini sconfigge i Turchi al Pireo e conquista Atene. Il 6 Ottobre, il giorno dopo aver conquistato Atene, il Morosini apre un'inchiesta su chi avesse lanciato la bomba che ha distrutto il Partenone, adibito a polveriera dai Turchi. Appurato il responsabile nella persona di un sergente, certo De Vanny delle truppe del Koenigsberg, lo fece impiccare la sera stessa sul pennone della sua nave
1687 - Censimento
Il 31 Dicembre si esegue un "Censimento del Popolo di Venetia", con le sue condizioni e qualità (non vengono compresi Murano, Burano, Mazzorbo, Pellestrina e Malamocco).
Gli abitanti sono 155.350. Di questi 2508 Monache, 1500 Preti, 1135 Frati, 4244 Nobiluomini.
1693 - Muore Francesco Morosini, il Peloponnesiaco
Muore a Napoli di Romania il condottiero e Doge Francesco Morosini, detto il Peloponnesiaco. Riconquistò la Morea e quasi tutto il Peloponneso, Atene e Smirne ed altri siti che erano veneziani prima dell'invasione ottomana.
Passò quasi tutta la sua vita a bordo delle navi della Serenissima riportando innumerevoli vittorie.Il Papa gli fece dono dello Stocco e del Pileo, quale Defensor Ecclesiae.
Lo stocco e il pileo, depositato – come tutti i doni che i Dogi ricevevano – nel tesoro di S.Marco, venne distrutto e fuso, come tutto l’altro oro, dal predone francese, Napoleone.
La sua tomba si trova nella chiesa di San Stefano, davanti all’ingresso.
1696 - Nasce Giambattista Tiepolo
Il 5 Marzo nasce nel sestiere di Castello Giambattista Tiepolo, da Domenico "mercante di negozi da nave" e da tale Orsetta.
Il 16 aprile successivo viene tenuto a battesimo nella chiesa di San Pietro di Castello dal Patrizio Giovanni Donà .
Diverrà celeberrimo come pittore, uno dei massimi del '700 veneziano e lavorerà in tutta Europa.
1699 - Pace con i Turchi
A Zante, nella fortezza, a sinistra dell'ingresso, un Leone Marciano andante (1545-53) a sinistra, bassorilievo su lastra di marmo con cornice a gola.
Il 26 gennaio viene firmato un Trattato di Pace con i Turchi. Venezia conserva la Morea, l'isola di Egina nel Dolfo dell'Attica, Santa Maura e Zante nello Jonio. Deve però smantellare le fortificazioni di Prevesa e abbandonare Lepanto con le ultime isole Cicladi ancora in suo Dominio
1705 - Nasce Tommaso Tenanza
Nasce a Venezia Tommaso Temanza. Diverrà un celebre architetto, ingegnere idraulico e scrittore di cose d'arte.
Oltre che come autore delle "Vite dei più celebri architetti e scultori veneti", è celebre per avere scoperto e divulgato la più antica pianta di Venezia, risalente all'anno 1141.
Tra le sue opere la Chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena.
1705 - abolizione della "guerra dei pugni"
La guerra dei pugni è un gioco cruento che trae origine dalle rivalità tra contrade veneziane. Erano fondamentalmente i partiti rivali: i "Castellani" - abitanti dei tre sestieri di Castello, San Marco e Dorsoduro e i "Nicolotti" - appartenenti a Santa Croce, San Polo e Cannaregio. Prevalentemente i Nicolotti svolgevano l'attività di traghettatori, trasportatori e pescatori mentre molti dei castellani erano impiegati all'Arsenale.
Le rivalità di questi gruppi trovarono sfogo in certi giochi nei quali si facevano varie prove di coraggio. La guerra con le canne e quella dei pugni erano le più violente.
Le "guerre dei pugni" che sostituirono nel 1292 quelle più terribili con le canne, si facevano da settembre a Natale, sopra i ponti ( tutti senza parapetto) dai quali molti pugilatori, pesti e malconci, cadevano in acqua.
L'ultimo scontro, forse il più cruento, avvenne nel 1705 quando la lotta degenerò e si passò anche ai coltelli. A seguito di questi eventi la guerra dei pugni venne vietata. In città trovate ancora alcuni ponti (il più noto è il "ponte dei pugni") dove sono presenti, a pavimento, delle pietre bianche a forma di piede che segnano la posizione delle due squadre rivali.
1720 - Caffè Florian
Il Caffè Florian vede la luce nel 1720 con il nome di "Alla Venezia Trionfante" e vanta una lista di clienti illustrissimi: Casanova, Goldoni, Gaspare Gozzi, Goethe, Ugo Foscolo, Lord Byron, Dickens e altri ancora.
Qui, durante la dominazione austriaca, si riuniscono Daniele Manin, Silvio Pellico e Pietro Buratti per organizzare la rivolta che porterà la città a vivere per oltre un anno libera dalla dominazione austriaca tra il 1848 ed il 1849.
Il nome si deve a Floriano Francesconi, proprietario del caff, grande amico del Canova.
1721 - Incarico ad un nuovo inquisitore sui bottegai
Nomina, a Venezia, di un nuovo inquisitore alle Pompe (nella persona di Girolamo Giustinian) affinché provveda a frenare l'aumento incontrollato dei generi alimentari e l'illecito arricchimento dei bottegai, che vengono presi di mira anche in una lunga satira anonima:
Della robba magnativa
tutti i prezzi xe alterai,
mi no so come mai viva
tanti poveri spiantai.
Diese sporchi pescaori
quattro ladri de beccheri
i la stiva da signori
e più d'un da cavalieri.
1745 - Un fulmine colpisce il campanile di San Marco
Il 23 Aprile 1745, alle 9 di sera, durante un furioso temporale, una saetta colpisce la cima del campanile di S. Marco nell'angolo verso la Torre dell'Orologio.
Una enorme quantità di pietre e calcinacci precipita sulle piccole botteghe, addossate a quel tempo alla base del campanile, travolgendo quelle di un cavadenti, di un calzolaio e di un merciaio.
Sotto le macerie trovano la morte 4 persone, come ci riferisce un anonimo cronista: «Un putazzo garzon del calegher, un garzon del marzer, il famoso cavadenti Alfier Lombardo che fatalmente si era portato dalla sua casa in bottega per dormire sopra di una cadrega, e un altro giovane con il suo cane ».
Particolare curioso: si salvò un sacerdote che, sfidando il temporale, era appena uscito dal negozio del merciaio per recarsi a comprare del tabacco.
La rovina totale venne impedita dalla rapidità dei lavori di riparazione, compiuti sotto la direzione di Bernardino Zendrini.
1747 - Morte di Zendrini, progettista dei murazzi
1752 - Morte del Doge Grimani
Il 7 marzo, dopo tre giorni di malattia, per un travaso di bile muore il Doge Pietro Grimani, dopo quasi nove anni di Principato. Viene sepolto nella Chiesa della Madonna dell'Orto, in forma privata, nella notte del successivo giorno otto.
Il 18 GENNAIO 1782 (1781 more veneto) arrivano a Venezia in incognito (mica tanto) i conti del Nord in realtà si trattava dei Principi ereditari di Russia Paolo Petrovic e Maria Feodorovna.
Grandi festeggiamenti in loro onore. Fra l'altro, oltre ad una regata in Canal Grande, viene organizzata una caccia ai tori ed una sfilata di carri allegorici in Piazza S. Marco.
Con l'occasione come per altri ospiti illustri vennero introdotti nel Maggior Consiglio con diritto di voto al pari di degli altri patrizi; si racconta che un altro visitatore illustre (Enrico III) nel 1574, partecipando ai lavori del "Consejo", si trattava di eleggere un procuratore, indicò un nome, questi venne eletto e andò personalmente a ringraziare Enrico III per aver fatto il suo nome.
1791 - Ultima condanna a morte a Venezia
Il 22 Settembre 1791 viene eseguita l'ultima condanna a morte della Repubblica di Venezia.
L’ultima impiccagione vede protagonista Pietro Lucchese, che aveva ucciso il Podestà di Caneva, Piero Cesare Corner.
Dopo di questa data nessuno sarà più condannato a morte e il “camerotto dei tormenti” non sarà più usato.
A Venezia il sentire comune era ormai contro a queste terribili pene ed anche in altri stati, come il Granducato di Toscana, erano ormai un retaggio del passato.
Purtroppo con la fine della Repubblica e l'arrivo dei Francesi si tornerà al medioevo delle esecuzioni sommarie, senza processo, comminate anche solo per usare frasi rivoluzionarie, come: "viva San Marco". Il tutto con grandi proclami di "Liberté, Egalité, Fraternité", lontani anni luce dalla politica del terrore che veniva messa in atto.
1797 - Napoleone e la campagna d'Italia
1797 - Caduta della Repubblica
Il primo maggio del 1797 il Maggior Consiglio di Venezia invia una delegazione al generale Napoleone Bonaparte allo scopo di iniziare trattative di pace, « onde impedire la fatale rovina da cui è minacciata la repubblica ».
Bonaparte si rifiuta di ricevere i messaggeri e nello stesso giorno, dal suo quartier generale di Palmanova, emana il Manifesto di guerra, con 15 terribili atti d'accusa contro la Repubblica veneta.
Il proclama conclude: "Il generale in capo comanda ai generali di divisione di trattare come nemiche le truppe venete e di far atterrare in tutte le città della terraferma il leone di san Marco."
1797 - 22 Agosto
A Perasto, nella Dalmazia Veneta (oggi Perasto è in Montenegro) viene ammainato per l'ultima volta il gonfalone della Repubblica Veneta.
Salutate da 21 colpi di cannone, le gloriose insegne vengono messe in un bacile d'argento e portate nella Cattedrale dove il Vescovo le depone sulla mensa dell'Altar Maggiore.
Il Capitano dei Perastini, conte Giuseppe Viscovich, pronuncia il seguente discorso in lingua veneta:
"In sto amaro momento che lacera el nostro cuor per la fatal perdita del Governo Veneto, ne sia de conforto la nostra vita passada. Saverà da nu i nostri fioi che Perasto à degnamente sostenudo sin a l'ultimo l'onor del Veneto Gonfalon. Per tresento sessanta sette anni le nostre sostanze, el nostro sangue xe stae sempre per ti. Per tresento sessanta sette anni, ti con nu e nu con ti, semo stai per mar sempre illustri e vittoriosi. Zacché no ne resta altro da far per ti, el nostro cuor sia la to sepoltura".
Questo amaro addio è conosciuto come "ti con nu e nu con ti".
1800 - Habemus Papam!
Se è vero che Napoleone odiava Venezia, è anche vero che odiava il papa e si era scagliato con altrettanta crudeltà su San Pietro, al solito derubando ed infine deportando in Francia Papa Pio VI, che là muore prigioniero. Si doveva eleggere un nuovo Papa ma era impossibile farlo a Roma, occupata dai francesi. Sotto la protezione dell'imperatore austriaco viene designata l'isola di San Giorgio, a Venezia, come sede del conclave ed il 14 Marzo del 1800, dopo circa tre mesi di discussioni, viene eletto papa Gregorio Barnaba Chiaramonti che prenderà il nome di Papa Pio VII. Diverrà famoso per la sua risposta ad un generale francese che gli chiese, in nome di Napoleone, di rinunciare al potere temporale. Pio VII rispose "Non possumus, non debemus, non volumus".
Venne incarcerato e rilasciato solo 5 anni dopo.
1802 - Muore Ludovico Manin, l'ultimo Doge di Venezia
1807 - I Giardini
Il 7 Dicembre del 1807 Napoleone Bonaparte decreta l'apertura di un grandioso giardino pubblico a Venezia. "La Riva degli Schiavoni" - dice il decreto - "sarà continuata sino al campo di San Giuseppe. Nell'isola circoscritta dal rio omonimo e dalla laguna, compresa la così detta Motta di Sant'Antonio, si formerà una passeggiata pubblica con viali e giardini."
"Questo lavoro, la cui spesa è calcolata in lire quattrocentomila, verrà cominciato immediatamente coi fondi che saranno da Noi particolarmente assegnati".
Ideatore dei Giardini pubblici di Castello sarà Giannantonio Selva, che, per mancanza di fondi, non potrà completarli - come avrebbe voluto - con labirinti e giuochi d'acqua.
Questi giardini costarono la distruzione di ben tre antiche chiese, con tutti i loro tesori d’arte, e i relativi conventi che si aggiungeranno alla triste lista delle chiese veneziane distrutte o scomparse a causa di Napoleone.
1814 - Demolita la statua di Napoleone
Alle prime luci dell'alba, in piazzetta S. Marco a Venezia, i soldati austriaci abbattono la colossale statua adulatoria di Napoleone già fatta costruire a spese dei commercianti veneziani. Opera dello scultore Domenico Banti, raffigurava l'imperatore dei francesi in vesti romane.
Tra le urla e i fischi di un'immensa folla, che aveva vegliato tutta la notte pur di assistere allo spettacolo, l'abbattimento e la semi-distruzione della statua salutato da ironici commenti: "Bon viazo, sior amigo! Bon viazo, sior paron! - La se diverta, ma lontan da nu."
1814 - Venezia sotto l'Austria
Il 19 Aprile del 1814 Venezia ritorna sotto la dominazione austriaca. Le vittorie riportate dai russi, prussiani, austriaci e inglesi (coalizzati nella Santa Alleanza) segnano il tramonto dell'impero napoleonico e pongono termine al blocco di Venezia, proclamato sei mesi prima, che aveva quasi ridotto alla fame la cittadinanza.
Ha inizio da questo momento quello che sarà definito il «paterno regime austriaco».
L'illusione è di breve durata, tanto che ben presto fiorirà la notissima satira:
Co Samarco comandava, se disnava e se çenava;
coi francesi - bona zente! - se disnava solamente;
co la casa de Lorena, no se disna e no se çena
1815 - tornano i cavalli
13 Dicembre 1815: ritornano a Venezia i Cavalli di S. Marco. Alle ore 10 del mattino un convoglio di grosse barche, con i quattro cavalli a bordo, muove dall'Arsenale dirigendosi verso il bacino di S. Marco.
Salutati da tre salve di fucileria, da 21 colpi di cannone e dall'urlo commosso dell'enorme folla, i cavalli vengono ricollocati sulla loggia della Basilica marciana dopo 18 anni esatti d'assenza. Opera d'arte alessandrina, tra il IV e il II secolo a.c., la stupenda quadriga in rame dorato si dice abbia ornato l'Arco trionfale di Nerone e poi l'Arco di Traiano, o la Mole Adriana, a Roma, e successivamente inviata a Bisanzio dall'imperatore Costantino. Secondo altri, passò direttamente a Costantinopoli dall'isola di Chio.
Nel 1204, al tempo della quarta crociata, furono portati a Venezia dal doge Enrico Dandolo, dall’ ippodromo di Costantinopoli ove ornavano le torri sovrastanti i ricetti, o carceri, sede delle bighe e quadrighe prima delle corse.
Rimasti per qualche tempo nei depositi dell'Arsenale (alcuni sostengono fino al 1250), in seguito furono sistemati sulla loggia della Basilica di S. Marco, ove rimasero senza interruzione per circa sei secoli.
Portati a Parigi nel 1797, come frutto di rapina napoleonica, furono dapprima collocati nel giardino delle Tuileries, poi sull'Arco di Trionfo di piazza del Carrousel.
A detta di un'antica credenza popolare ogniqualvolta i cavalli vengono rimossi dai loro piedistalli crolla, o sta per crollare, un impero. Leggenda, naturalmente; ma in un certo senso i cavalli di S. Marco, nei loro movimenti, veri o supposti, hanno visto la fine di Bisanzio, di Roma, di Venezia, dell'impero napoleonico...
1817 - Torna il leone sulla colonna in piazzetta
Francesco I,imperatore d'Austria, dopo aver fatto tornare i 4 cavalli sulla Basilica di San Marco, nel 1817 torna a Venezia con un altro dono, il Leone della Colonna, restaurato in tutto il suo splendore e ricollocato anch'esso al proprio posto.
Purtroppo molti altri furti Napoleonici non subirono lo stesso epilogo, ma queste due importantissime sculture tornarono al loro posto.